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Annuale Festival teatrale itinerante, un evento che sposa cultura, spettacolo e arte con i luoghi più caratteristici della Saccisica.
Il primo festival internazionale del romanzo storico che porta linfa culturale a tutto il Veneto. Il festival si tiene a Piove di Sacco e in tutta la Saccisica
Un’area di fitodepurazione di particolare interesse nel territorio della Saccisica
Un contesto ambientale e naturalistico di primissimo piano a Codevigo
Hashtag nuovo e già molto seguito nella Saccisica
L’unica spiaggia della provincia di Padova si trova nel territorio della Saccisica e precisamente nel comune di Codevigo
Un luogo magico della nostra Valle Millecampi: quattro casoni di varie dimensioni a disposizione come b&b o per gustare le tipicità della zona.
Profilo di welcome saccisica, culmine di un progetto di valorizzazione a cura dei comuni dell’area, da anni in fase di rollup.
Anche in questo caso, si tratta di un account “storico” che parla di Saccisica e pubblica molte foto del territorio. L’account è curato e alimentato da molti fotografi per cui le foto sono di grande qualità.
Tutte le immagini che riportano il tag ufficiale #Saccisica
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Vogliamo ringraziare sentitamente:
- Ilaria Battisti – Foto di testata della Spiaggia della Boschettona
- Egidio Ponchio – Varie foto del territorio.
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- Arch. Emanuele Cesarato – Foto del Museo GeSTA
- Graziano Gastaldi – Foto della Spiaggia della Boschettona
- Sara Zago – Varie foto sul territorio su questo sito e su Instagram
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- Wikipedia – Vari contenuti sul territorio
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Brugine si trova ad ovest di Piove di Sacco e a circa 17 Km da Padova.Il suo nome, forse deriva dalla storpiatura della parola romana “Brugum” e cioè Borgo.
Di notevole richiamo sui comuni limitrofi, è il mercatino che si svolge ogni prima domenica del mese a Villa Roberti. La villa, progettata da Andrea della Valle e ultimata nel 1553, ospita al suo interno affreschi dello Zelotti e del Veronese. Importanti sono anche le chiese: quella parrocchiale, dedicata al S. Salvatore è datata 1872, in località Arzerini, una secentesca intitolata alla Madonna del Rosario, una in frazione Campagnola, della seconda metà del settecento, a S.Pietro Apostolo.
- Centro di Brugine
- Campagnola di Brugine
- Campanile di Campagnola di Brugine
Oggi Brugine si presenta come una tranquilla cittadina, tagliata in due da Via Roma, con una importante zona industriale con una folta rappresentanza del settore ad alta tecnologia.
Storia
Brugine è documentato per la prima volta in nel 1138. Successivamente, nel 1258, si ha notizia del castello dei Macaruffo di Padova e della Chiesa del S. Salvatore. Durante il medioevo gli abitanti, sottoposti all’autorità del Vescovo di Padova, erano dediti all’agricoltura, alla caccia ed alla pesca.
Anche i Carraresi possedevano beni e territori a Brugine, beni confiscati e successivamente acquistati da Antonio Roberti nel 1407. L’omonima Villa venne ultimata più tardi, nel 1553, e con il tempo passò varie volte di proprietà. Altrettanto importante è stata la frazione di Campagnola che ha dato il nome a moltissimi personaggi illustri (pittori e scultori) e ha ospitato la chiesa ed il monastero di San Giovanni, condannati per eresia da Clemente V durante il Concilio di Vienna (1315)
Brugine is located west of Piove di Sacco and about 17 Km from Padua. Its name perhaps derives from the distortion of the Roman word “Brugum” and that is Borgo.
Of considerable appeal to the surrounding municipalities, is the market that takes place every first Sunday of the month at Villa Roberti. The villa, designed by Andrea della Valle and completed in 1553, houses inside frescoes by Zelotti and Veronese. There are also important churches: the parish church dedicated to the Savior is dated 1872, in Arzerini, a seventeenth-century dedicated to the Madonna del Rosario, one in the hamlet of Campagnola, of the second half of the eighteenth century, to St. Peter the Apostle.
Today Brugine looks like a quiet town, cut in two by Via Roma, with an important industrial area with a large representation of the high-tech sector.
History
Brugine is documented for the first time in 1138. Later, in 1258, there is news of the castle of the Macaruffo of Padua and the Church of the Holy Savior. During the Middle Ages the inhabitants, subjected to the authority of the Bishop of Padua, were dedicated to agriculture, hunting and fishing.
Also the Carraresi possessed goods and territories in Brugine, confiscated properties and subsequently purchased by Antonio Roberti in 1407. The Villa of the same name was completed later, in 1553, and with time passed several times of ownership. Equally important was the village of Campagnola which gave its name to many famous people (painters and sculptors) and hosted the church and monastery of San Giovanni, condemned for heresy by Clement V during the Council of Vienna (1315)
Bovolenta si trova sulla parte più ad ovest della Saccisica, a circa 15 Km da Padova.
La città deve il suo nome all’incrocio formato dai due fiumi che la attraversano (il Roncajette e la Cagnola) chiamato in dialetto “Bovo” o “Bovolo”. Già dal periodo Romano, in queste zone passava la Via Popillia che congiungeva Padova ad Adria.
- Scorcio di Bovolenta
- Palazzo Municipale
- Vista sul Bacchiglione
- Scorcio di Bovolenta
- Piazza dei Concordi
- Il Bovolo
Bovolenta è oggi un centro agricolo e artigianale che si sviluppa sulla Piazza principale: Molte sono le costruzioni interessanti sopravvissute ai giorni nostri: sulla riva sinistra del fiume Bacchiglione è ancora presente, la cappella di Ca’ Molin dedicata al S.Rosario e la Chiesetta dell’Assunta a Fossaragna.
Storia
Il primo documento che parla di Bovolenta è la donazione da parte di un Signore di vari appezzamenti di terreno alla chiesa di S.Stefano, datata 1027.
Altre testimonianze attorno all’anno mille indicano la Chiesa dedicata a S.Agostino come “pieve” cioè chiesa con il fonte battesimale e quindi punto di riferimento per i paesi limitrofi. Nel 1216 si ha testimonianza del collegamento a Padova attraverso la “strada dritta”.
Da sottolineare la presenza all’incrocio della Cagnola con il Roncajette di una importante fortificazione teatro di duri scontri e punto strategico per le popolazioni che si sono susseguite nel tempo, per successive conquiste in zone limitrofe. Il “castello di Bovolenta”, abbattuto e riedificato varie volte, è stato distrutto per sempre attorno al 1510. Da sempre punto di riferimento per “i burchi” da Padova e Venezia per gli approvvigionamenti di derrate agricole, lo snodo portuale di Bovolenta era altresì garanzia di benessere vista la facilità con cui si potevano raggiungere via fiume Chioggia e quindi Venezia.
Anche la cultura era molto florida: esisteva infatti una società scientifico-letteraria, fondata da signori del posto chiamata “Accademia dei Concordi”, che durò, con diverse iniziative fino al 1882. Ad essa è intitolata la piazza del paese.
Bovolenta is located on the western part of the Saccisica , about 15 km from Padua.
The city owes its name to the intersection formed by the two rivers that run through it (the Roncajette and the Cagnola) called in the dialect “Bovo” or “Bovolo”. Already from the Roman period, in these areas passed the Via Popillia that connected Padua to Adria.
Today Bovolenta is an agricultural and handcraft center spread over the main square: There are many interesting buildings that have survived to this day: on the left bank of the Bacchiglione river there is still the Ca’Molin chapel dedicated to Ss.Rosario and the Assunta in Fossaragna.
History
The first document that speaks of Bovolenta is the donation by a lord of various parcels of land to the church of S. Stefano, dated 1027.
Other testimonies around the year one thousand indicate the Church dedicated to St. Augustine as “pieve” ie church with the baptismal font and therefore a reference point for the neighboring countries. In 1216 there is evidence of the connection to Padua through the “straight road”.
To underline the presence at the intersection of the Cagnola with the Roncajette of an important fortification theater of hard fights and strategic point for the populations that have followed over time, for subsequent conquests in neighboring areas. The “castle of Bovolenta”, demolished and rebuilt several times, was destroyed forever around 1510 . Always a point of reference for “the burchi” from Padua and Venice for the procurement of agricultural products, the port junction of Bovolenta was also a guarantee of wellbeing given the ease with which they could be reached via the river Chioggia and then Venice.
Even the culture was very prosperous: there was in fact a scientific-literary society, founded by local lords called “Accademia dei Concordi”, which lasted, with various initiatives until 1882. It is called the town square.
Arzergrande is located south-east of Saccisica.
Its name derives from Argere magno . Evidently a considerable stream of water passed through the town. The place is historically interesting given the number of archaeological finds from the Roman period recently found on the territory of the municipality.
The center of the village is on the main street, which overlooks the most important commercial activities and municipal structures. Here is also the parish church dedicated to S. Maria. Of particular interest is the seventeenth-century church of Vallonga (Vallis Longa) dedicated to St. Peter, today restored.
Today Arzergrande is an important commercial hub of Saccisica : the industrial area in contact with that of Piove di Sacco has inevitably favored industrial settlements and the exchange between the economy of the two Municipalities.
History
Arzergrande was nominated for the first time in 1008 and, later, in 1120 in a document of the Bishop of Padua exempting from all tribute the land owned by the Monastery of S. Cipriano di Venezia.
As far as we know, there is no shortage of previous testimonies, as can be seen from the numerous archaeological finds from the Roman era in the recent past. From that period are documented flourishing and productive campaigns, which together with those of the territory of Saccisica, gave life to a centuriated colony.
Vallonga was a crossroads of two Roman roads: the council of Poppilia and the Clodia-Este. It is even thought that it was also an important port on the Bacchiglione River. Under the podestaria of Piove di Sacco, during the Middle Ages, up to about 500, the prosperity gained was less due to wars and abundant floods in the area.
The situation worsened further with the construction of the Novissimo canal: the architecture of the obsolete water network caused continual floods, malaria reigned and the population decreased. During this period began the cultivation and the subsequent transformation of the reeds and marsh grasses . The artisans used them for the creation of “fake” cossiddetti useful in construction, as a cover of their characteristic houses (“I casoni”) or to make chairs or create curtains.
Not much has changed until the early ‘900, the land has been reclaimed and agriculture has returned to be flourishing, like other traditional activities in the area.
Arzergrande si trova a sud-est della Saccisica.
Il suo nome deriva da Argere magno. Evidentemente nella località passava un corso d’acqua di notevoli dimensioni. Il luogo è storicamente interessante visto il numero di reperti archeologici di epoca romana rinvenuti recentemente sul territorio del comune.
Il centro del paese si sviluppa sulla Via principale, sulla quale si affacciano le più importanti attività commerciali e le strutture comunali. Qui si trova anche la Chiesa parrocchiale dedicata a S.Maria.Di particolare interesse la secentesca chiesa di Vallonga (Vallis Longa) dedicata a S.Pietro, oggi restaurata.
Oggi Arzergrande è un importante snodo commerciale della Saccisica: la zona industriale a contatto con quella di Piove di Sacco ha inevitabilmente favorito gli insediamenti industriali e lo scambio tra l’economia dei due Comuni.
Storia
Arzergrande è nominato per la prima volta nel 1008 e, più tardi, nel 1120 in un documento del Vescovo di Padova che esonera da ogni tributo i terreni posseduti dal Monastero di S.Cipriano di Venezia.
In realtà, le testimonianze anche precedenti non mancano e questo lo si evince dai numerosi ritrovamenti archeologici di epoca romana nel recente passato. Di quel periodo sono documentate floride e produttive campagne, che assieme a quelle del territorio saccense, davano vita a una Colonia centuriata.
Vallonga era crocevia di due strade romane: la consiliare Poppilia e la Clodia-Este. Si pensa addirittura che fosse anche un importante porto sul Fiume Bacchiglione. Sotto la podestaria di Piove di Sacco, durante il medioevo, fino al ‘500 circa, il benessere conquistato venne meno a causa delle guerre e delle inondazioni abbondanti sul territorio.
La situazione peggiorò ulteriormente con la realizzazione del canale Novissimo: l’architettura della rete idrica obsoleta causava continue alluvioni, regnava la malaria e la popolazione diminuiva. Durante questo periodo iniziava la coltivazione e la successiva trasformazione delle canne ed erbe palustri. Gli artigiani le utilizzavano per la creazione dei cossiddetti “sbalsi” utili nell’edilizia, come copertura delle loro abitazioni caratteristiche ( “I casoni” ) o per impiallicciare sedie o creare tende.
Non molto è cambiato fino ai primi del ‘900, il territorio è stato bonificato e l’agricoltura è ritornata ad essere florida, come le altre attività tradizionali della zona.
The municipalities of Saccisica: discover the beautiful villages and countries that make up our magnificent territory.
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Il FORNITORE potrà, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali e di salvaguardia di diritti intellettuali e/o industriali, adottare misure idonee per inibire, anche preventivamente, ogni abuso e limitare, ove possibile, la fruizione dell’erogazione dei servizi e/o la fornitura della prestazione anche interrompendo il servizio e/o la prestazione senza che nulla sia dovuto al CLIENTE. Il FORNITORE si riserva altresì il diritto di sospendere l’accesso al sito e/o al blocco delle credenziali di cui al punto 2.9, senza preventiva comunicazione. Resta inteso che l’azione de quo potrà essere intrapresa solo ed esclusivamente dal FORNITORE, essendone la valutazione di valore inopinabile da parte del CLIENTE, il quale si obbliga a sollevare il FORNITORE da ogni azione, domanda, conseguenza, onere, danno o richiesta di risarcimento tutte conseguenti e derivanti anche eventualmente, in via diretta o indiretta.
Nei casi di uso difforme o di utilizzo del servizio e/o la fornitura della prestazione per scopi o in modi illeciti il FORNITORE avrà facoltà di risolvere il contratto ai sensi dell’art. 1456 Cod. Civ., previa sospensione del servizio e/o della fornitura della prestazione tramite comunicazione scritta al CLIENTE.
Il FORNITORE non sarà tenuto a restituire le somma eventualmente già pagate dal CLIENTE in anticipo per servizi e/o prestazioni non ancora attivati o usufruiti; tali somme saranno definitivamente trattenute dal FORNITORE a titolo di penale, fermo il risarcimento per gli ulteriori danni subiti.
Ai sensi del D.Lgs. 70/2003, il FORNITORE inoltre avrà diritto di informare senza indugio l’Autorità Giudiziaria e/o Amministrativa di attività illecite e/o di informazioni di cui dovesse venire a conoscenza relativamente al CLIENTE, ciò anche a fini dell’individuazione e della prevenzione delle attività illecite anche solo ove ipotizzabili e/o prevedibili.
ART. 5 – CONFIDENZIALITÀ DEI DATI IN TRANSITO
5.1 Il FORNITORE si impegna e garantisce la confidenzialità e la riservatezza dei contenuti dei messaggi di posta elettronica o di altro supporto elettronico o fisico transitati per mezzo dei propri servizi e delle proprie strutture.
I dati in transito dal cliente al sito sono cifrati utilizzando il protocollo TLS 1.2 o superiore. Il CLIENTE riconosce che il sito visitsaccisica.net può negoziare, su richiesta del dispositivo CLIENTE e senza possibilità di controllo, protocolli meno sicuri, ma comunque in grado di garantire un elevato livello di sicurezza, per consentire la conclusione del processo di acquisto.
5.2 Nei seguenti casi il FORNITORE avrà facoltà di copiare e trasmettere contenuti e dati e porre a conoscenza di eventi e fatti i terzi che lo richiedano, secondo proprio insindacabile giudizio senza preventivo avviso né comunicazione al CLIENTE:
- casi di mandato di intercettazione e/o di semplice richiesta informale emessi o notificati da parte dell’Autorità Giudiziaria
- quando si renda necessario al fine di preservare la propria immagine
- a tutela dei propri diritti ed interessi
- a tutela del funzionamento dei propri sistemi e delle proprie funzioni
- in ragione del rispetto dei propri impegni e/o contratti,
- Il CLIENTE riconosce che i prodotti/servizi richiesti comportano la pubblicazione su pubblici registri, accessibili anche dalla rete internet, delle informazioni personali comunicate.
5.4. Il CLIENTE dichiara sin d’ora di esonerare e comunque tenere indenne il FORNITORE da qualsiasi responsabilità che dovesse derivare di carattere civile, penale e/o amministrativo, da ogni denuncia, azione legale, azione amministrativa o giudiziaria, perdite e danni, diretti o indiretti causate dall’uso illecito o illegale dei servizi e/o prestazioni utilizzate o usufruite dal CLIENTE o che dovesse derivare dall’uso, dall’immagazzinamento e/o dalla diffusione dei dati trasmessi, comunicati, transitati, trascritti, inseriti o memorizzati mediante i servizi e/o le prestazioni offerte dal FORNITORE.
ART. 6 – LIMITAZIONI E RESPONSABILITÀ
6.1 Il FORNITORE è responsabile unicamente della continuità dell’erogazione del servizio e/o della prestazione ad eccezione dei casi di forza maggiore, caso fortuito, manomissioni del CLIENTE o di terzi ovvero errata utilizzazione del servizio e/o della prestazione da parte del CLIENTE.
6.2 Il CLIENTE è l’unico ed esclusivo responsabile della scelta del marchio che intende sottoporre a registrazione, esonerando e manlevando ora per allora il FORNITORE da ogni e qualsiasi lamentela, doglianza, domanda, azione ed eccezione, danno, diretto e/o indiretto, mediato e/o immediato, che dovesse derivare al CLIENTE e/o a terzi dalla registrazione e dall’utilizzo del marchio comunque indicato dal CLIENTE.
6.3 Il FORNITORE non sarà ritenuto responsabile nei confronti del CLIENTE e nei confronti di terzi della mancata registrazione, del mancato rinnovo ovvero della revoca per qualsiasi motivo del marchio stesso da parte delle competenti Autorità, così come non risponde di utilizzazione del marchio illecita o illegittima da parte del CLIENTE e/o di terzi.
6.4 Il FORNITORE non garantisce né risponde della mancata qualità del marchio in termini di capacità distintiva, del carattere innovativo, originalità, novità e liceità marchio in quanto segno distintivo indicato e prescelto esclusivamente dal CLIENTE, così come non risponde della sua eventuale somiglianza e/o verosomiglianza con altri marchi registrati e/o di fatto nonché della mancata validità ed efficacia nell’uso esclusivo.
6.5 Ogni materiale e informazione presente sul sito del FORNITORE e/o fornito al CLIENTE ovvero tutto quanto direttamente o indirettamente oggetto del servizio prestato è da ritenersi a scopo meramente informativo e non deve essere considerato consulenza professionale né legale, salvo diversamente indicato. Il CLIENTE pertanto è tenuto esplicitamente a non basare le proprie azioni sulla consulenza fornita dal FORNITORE, la quale viene dal cliente espressamente esonerata da ogni e qualsiasi responsabilità.
6.6 La responsabilità del FORNITORE è comunque limitata a tre volte l’ammontare del prezzo pagato dal CLIENTE detratti i costi sostenuti per l’istruttoria e l’esecuzione del servizio, fermo in ogni caso il diritto del FORNITORE di adire l’Autorità Giudiziaria per la miglior tutela dei propri diritti, anche di ordine risarcitorio.
6.7 Il FORNITORE non sarà ritenuto responsabile per i danni diretti o indiretti subiti o subendi dal CLIENTE in caso di ritardato o incompleto funzionamento dei propri servizi e/o prestazioni dovuti alla incompatibilità o scarsa funzionalità delle risorse hardware e/o software del CLIENTE.
6.8 Il FORNITORE non sarà responsabile della mancata consegna, della perdita, del ritardo della consegna del messaggio ovvero dell’incompletezza del messaggio, nonché in caso di carenze di servizio dovute all’errata utilizzazione dello stesso da parte del CLIENTE.
6.9 Il FORNITORE non è mai ed in alcun modo responsabile, non avendo controllo sulle apparecchiature coinvolte, di qualsiasi danno possa derivare al CLIENTE o terzi dalla perdita o dal ritardo nella consegna di messaggi dovuta ad impossibilità di contattare utenti e/o inviare fax per qualsiasi problema inerente all’utenza telefonica e/o elettronica del destinatario, ivi compreso il malfunzionamento o la mancanza di apparecchio fax.
6.10 Il FORNITORE non sarà responsabile, salvo i casi di dolo o colpa grave, degli eventuali danni che dovessero derivare in conseguenza di disservizi, mancate trasmissioni o ricezioni, inefficienze, ritardi o errori di trasmissione o ricezione dei messaggi.
6.11 Il FORNITORE non è mai ed in alcun modo responsabile degli eventuali danni, perdite o lesioni che dovessero derivare al CLIENTE o a terzi in relazione alla mancata o difettosa erogazione del servizio e/o della prestazione, dei disservizi, mancate trasmissioni o ricezioni anche elettroniche dei fax e/o dei dati per qualunque motivo, sia diretti che indiretti, prevedibili che imprevedibili. Parimenti, il CLIENTE è a conoscenza che il FORNITORE non risponderà delle conseguenze derivanti da cause a quest’ultimo non imputabili e da ogni impedimento o ostacolo non superabile con l’ordinaria diligenza.
6.12 Fermo quanto sopra, il CLIENTE si impegna a manlevare e tenere indenne, ora per allora, il FORNITORE da qualsiasi pretesa avanzata da terzi nei suoi confronti per le ipotesi di danno sopra indicate. In ogni caso, la responsabilità del FORNITORE è limitata all’ammontare della prestazione. Resta in ogni caso fermo il diritto del FORNITORE di adire l’Autorità Giudiziaria per la miglior tutela dei propri diritti, anche di ordine risarcitorio.
6.13 Preso atto di quanto sopra, Il CLIENTE e il FORNITORE dichiarano reciprocamente di essere a conoscenza dell’inammissibilità e nullità delle clausole di esonero della responsabilità per dolo o colpa grave del FORNITORE nonché dell’inammissibilità di clausole di esonero anche per colpa lieve limitatamente a contratti stipulati con il “Consumatore”, ritenendosi invero valide ed efficaci qualora specificamente approvate per iscritto in calce al contratto medesimo stipulato con “Professionista” secondo le definizioni ed i termini di cui alle norme vigenti in materia.
ART. 7 – DIRITTO DI RECESSO SULLE VENDITE A DISTANZA
7.1 Il CLIENTE non potrà recedere dal contratto dopo l’invio della conferma dell’ordine e il pagamento dello stesso. Il diritto di recesso si esercita con la spedizione, entro il termine previsto di seguito, di una comunicazione inviata all’indirizzo indicato nell’art. 1 mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento/PEC/indirizzo e-mail ordinaria.
7.2 Il CLIENTE ha diritto di recedere dal contratto da esercitarsi entro 48 ore dalla data di conclusione dello stesso, conformemente a quanto previsto dalla normativa in materia (D.Lgs. 185/1999 – D.Lgs. 206/2005). In tale caso, il FORNITORE sarà autorizzato ad emettere fattura nei confronti del CLIENTE per il solo importo già versato, ovvero emettere nota di credito ove già emessa la relativa fattura, detraendo in ogni caso gli importi comunque dovuti dal CLIENTE a titolo di spese e costi sostenuti dal FORNITORE e da intendersi quale onere specifico.
ART. 8 – CORRISPETTIVI ECONOMICI (Profilo BUSINESS “FULL”)
8.1 Il pagamento dei servizi acquistati potrà essere effettuato tramite Bonifico Bancario, Carta di credito utilizzando un processore di pagamento in quel momento ritenuto come il più idoneo per l’esecuzione della prestazione.
8.2 Nel caso in cui il POS virtuale (terminale di punto vendita su Internet) comunichi il rifiuto della transazione, l’ordine sarà automaticamente posto “in sospensione” e nessuna attività verrà eseguita fino a pagamento avvenuto, al CLIENTE verrà inviata una comunicazione sullo stato delle attività.
8.4 Il CLIENTE è tenuto ad assolvere gli obblighi di pagamento vigenti al momento della conclusione del contratto in ragione del tipo di servizio fornito dal FORNITORE. Saranno a carico del CLIENTE tutte le imposte e tasse previste dalla normativa vigente.
8.5 Tutte le fatture relative a canoni o importi disciplinati dal presente contratto saranno inviate all’indirizzo fornito dal CLIENTE nei modi e nelle forme di cui all’art.9.
8.6 Il CLIENTE è tenuto a pagare gli oneri economici in ragione dei prezzi applicati per ogni servizio e riportati sul sito direttamente o in link a sito web specificamente indicato nelle “condizioni specifiche di contratto” che il CLIENTE dichiara di aver già visionato ed accettato con la sottoscrizione del presente atto, e ciò preventivamente o alla presentazione della fattura commerciale entro e non oltre la data di scadenza indicata sul predetto documento.
8.7 Ai sensi dell’art. 1456 Cod. Civ., il presente contratto potrà essere unilateralmente risolto dal FORNITORE con effetti immediati qualora il CLIENTE sia insolvente, venga posto in liquidazione o sottoposto ad una qualsiasi delle procedure concorsuali ovvero abbia comunque cessato la propria attività.
ART. 9 – CORRISPONDENZA E COMUNICAZIONI
9.1 Come indicato ex art. 1, ogni comunicazione cartacea da inviare al FORNITORE dovrà essere inviata alla sede di: Viale Porta Adige, 45/G, 45100 Rovigo (RO), in riferimento alla quale il CLIENTE dichiara sin d’ora di riconoscerne e approvarne l’efficacia legale con sollievo dal FORNITORE da ogni diverso onere di comunicazione.
9.2. Qualsiasi comunicazione rivolta a e per il FORNITORE da parte del CLIENTE potrà essere effettuata per iscritto a mezzo lettera raccomandata a.r. agli indirizzi indicati e comunicati ai sensi e per gli effetti dell’art. 1 del presente atto, valevoli in caso e solo qualora il CLIENTE non abbia in dotazione un recapito di comunicazione elettronica quale la Posta Elettronica Certificata e/o altri sistemi atti a comprovare l’avvenuta ricezione delle comunicazioni fra le parti. Il CLIENTE ha pertanto l’onere di indicare un indirizzo di residenza o domicilio valido per la corrispondenza ordinaria nonché almeno un recapito (telefono fisso e cellulare, telefax, e-mail ordinaria) per qualsiasi comunicazione urgente e di cui garantisce sin d’ora la piena ed esclusiva titolarità, assumendosi ogni responsabilità in merito alla sussistenza e veridicità dei dati forniti, con espresso esonero di verifica e comprova da parte del FORNITORE.
9.3 Ogni comunicazione al CLIENTE sarà diretta all’indirizzo e agli ulteriori riferimenti risultanti dalla registrazione. Resta inteso che, qualora sia dotato di sistema di comunicazione Posta Elettronica Certificata (PEC), il CLIENTE si assume ogni responsabilità in merito all’esistenza e corretto funzionamento dello stesso e al suo continuo aggiornamento e sviluppo. In tal caso, il domicilio del CLIENTE è da considerarsi eletto ad ogni e qualsiasi effetto presso il predetto indirizzo di Posta Elettronica Certificata, così come dichiarato o oggetto di successive implementazioni. In assenza di PEC, ogni invio e comunicazione al CLIENTE verrà trasmessa al diverso indirizzo e-mail ordinario comunicato nei termini di cui sopra, nel qual caso il FORNITORE sarà esonerato dall’onere di dimostrare l’avvenuta trasmissione e ricezione dell’invio e della comunicazione al CLIENTE. Resta inteso che, a suo insindacabile giudizio, il FORNITORE potrà utilizzare anche forme di comunicazione cartacea e tradizionali ovvero avvalersi di documenti elettronici digitalmente firmati al fine del raggiungimento dei propri scopi.
9.4 Il CLIENTE, consapevole delle responsabilità anche penali che assume in caso di dichiarazioni mendaci o false, si impegna a comunicare tempestivamente per iscritto al FORNITORE, anche a mezzo posta elettronica con successiva conferma a mezzo lettera raccomandata a.r., di ogni cambiamento dei propri dati identificativi nonché degli indirizzi di residenza, domicilio, telefono, fax e di posta elettronica ordinaria e/o PEC comunicati in fase d’ordine. In difetto, qualsiasi comunicazione al CLIENTE sarà trasmessa agli ultimi indirizzi resi noti al FORNITORE e si intenderà comunque conosciuta dal CLIENTE. Tutte le comunicazioni trasmesse dal FORNITORE prima del ricevimento della lettera si intenderanno efficacemente dirette al vecchio indirizzo o riferimento.
ART. 10 – CONTROVERSIE – FORO CONVENZIONALE
10.1 Le parti concordano che ogni controversia relativa al presente accordo sarà devoluta alla competenza esclusiva del Foro di Padova.
Art. 11- INFORMATIVA PER IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
11.1 Secondo quanto previsto dall’art. 13 del D.Lgs. 196/03, il FORNITORE informa che procede al
trattamento dei dati personali del CLIENTE per le seguenti finalità:
a) esecuzione delle prestazioni dedotte in sede contrattuale;
b) gestione degli adempimenti di carattere amministrativo-contabile, secondo quanto previsto dalle norme di legge o regolamento vigenti in materia;
c) iniziative di informazione commerciale e di marketing diretto da parte del FORNITORE, nonché allo scopo dell’invio di proposte commerciali relative a servizi forniti dal medesimo.
11.2 I dati personali sono trattati con mezzi sia automatizzati, sia cartacei e possono essere conservati anche successivamente alla scadenza del rapporto contrattuale, in una banca dati da utilizzarsi per attività di marketing diretto, fatto salvo comunque il diritto di opposizione da parte dell’interessato.
11.3 Infine i dati possono essere comunicati agli agenti, agli istituti di credito (per l’effettuazione dei pagamenti), alle compagnie di assicurazione (per eventuali responsabilità per danni), a professionisti commerciali e legali per finalità di consulenza, connessa ad obblighi fiscali, nonché per la tutela dei propri diritti, sia in sede giudiziaria, sia stragiudiziaria.
11.4 In qualità di interessato al trattamento dei dati, il CLIENTE può, in ogni momento, esercitare i diritti previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/03, presentando apposita istanza al FORNITORE, titolare del trattamento, all’indirizzo della propria Sede Amministrativa in: Viale Porta Adige, 45/G, 45100 Rovigo (RO).
11.5 Il conferimento dei dati richiesti è strettamente connesso all’esecuzione del rapporto contrattuale, per cui un eventuale rifiuto comporterà l’impossibilità di adempiere le relative prestazioni.
Art. 12 – MODIFICHE DEL CONTRATTO
12.1 Il FORNITORE si riserva il diritto di modificare in ogni tempo le presenti Condizioni nonché i termini e le condizioni dei Servizi con comunicazione via e-mail al CLIENTE con preavviso di almeno 30 giorni o con rinnovo accettazione nella fase di accesso al servizio. Nel caso di modifiche che determinino una sensibile riduzione dei servizi prestati, il CLIENTE avrà facoltà di recedere dal presente contratto, inviando al FORNITORE la relativa comunicazione entro lo stesso termine di 30 giorni di cui al paragrafo precedente, trascorso inutilmente il quale le modifiche si riterranno accettate dal Cliente e pienamente vincolanti nei suoi confronti.
Ai sensi e per gli effetti degli artt. 1341 e 1342 Cod. Civ., si approvano specificamente le clausole di cui agli artt. art. 1 informazioni generali obbligatorie al cliente; art. 2 conclusione del contratto; art. 3 – oggetto; art. 4 – modalità di fornitura; art. 5 – confidenzialità dei dati in transito; art. 6 – limitazioni e responsabilità; art. 7 – diritto di recesso sulle vendite a distanza; art. 8 – corrispettivi economici; art. 9 – corrispondenza e comunicazioni; art. 10 – controversie – foro convenzionale; art. 11- informativa per il trattamento dei dati personali; art. 12 – modifiche del contratto.
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Il Marchio “Saccisica” è un marchio registrato in Italia da Puntonet Servizi SRL e concesso in licenza a Territori Online SRL. Link di controllo all’ufficio Italiano Brevetti e Marchi
- Data Deposito : 14 giugno 2001
- N. Registrazione: 0000959087
- Periodo di Registrazione : 2001/2021
Il marchio “Saccisica” non può essere riprodotto se non su espresso consenso scritto da parte di Puntonet Servizi SRL
Molte sono le interpretazioni relative all’origine del nome “Saccisica”:
- In omaggio ad un tale Esaco, cognato del più famoso Antenore, eroe troiano, che sarebbe giunto in quel luogo in seguito alla caduta di Troia.
- Saces, un milite latino citato da Virgilio
- Saci, una popolazione iraniana menzionata da Catullo e Plinio il Vecchio,
- Saccus, che nel medioevo significava l’erario dell’imperatore
- dal fiume Sciocco che attraversava il Piovese
- Dalla morfologia del suo territorio anfibio, dove le acque avrebbero formato una sacca (Tra Bacchiglione, Brenta e Laguna).
Quest’ultima ipotesi, è maggiormente documentata e accreditata: già nel VIII secolo d.C. il nome Sacco figura nella documentazione come un’insenatura naturale senza sbocco.
Il nome Saccisica compare per la prima volta nell’anno 897 d.C. nel documento con cui il re d’Italia e futuro imperatore Berengario I concesse il territorio in privilegio al vescovo di Padova, Pietro, suo arcicancelliere. Per celebrare l’avvenimento con il quale il 5 maggio 897 il vescovo Pietro diventa conte della Saccisica, titolo che manterrà fino all’epoca Carrarese.
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L’Oratorio della Beata Vergine del Rosario, conosciuto con l’appellativo semplice di “Chiesetta degli Arzerini” fu costruito da un proprietario terriero locale, il Sig. Franchin, che intendeva così dotare di un luogo di culto gli abitanti di Arzerini. Nell’Oratorio secentesco, ma perfettamente mantenuto, si celebra ancora oggi la Messa e vi si tengono anche annuali festeggiamenti in onore delle Madonna del Rosario.
Dove si trova?
La Chiesetta si trova a Brugine in località Arzerini
Il 2 agosto del 2004, dopo un restauro durato più di un anno, ha avuto luogo, con una solenne cerimonia, alla presenza di autorità religiose e civili, la riapertura della piccola chiesa di Santa Maria Assunta detta delle “Muneghette”.
Questo luogo, da sempre punto di aggregazione della devozione popolare del nostro paese particolarmente legato al culto mariano, vede ogni anno rinnovata la fede per la festa dell’Assunzione della Vergine il 15 agosto.
Ancora oggi, l’antica tradizione popolare ricorda la scomparsa della statua lignea della Madonna con Bambino, che miracolosamente “si fece ritrovare” risalendo dal pozzo dove era stata gettata, vicino alla chiesetta.
L’edificio, probabilmente parte di un antico complesso ben più imponente, è quello che rimane di un antico monastero benedettino femminile, citato nei documenti fin dal XIII secolo. Ampliatosi ed arricchitosi nei secoli successivi grazie alla presenza di monache provenienti da nobili famiglie del territorio, nel 1520 venne accorpato al monastero benedettino di Sant’Anna di Padova. Verso la fine del ‘700 gran parte dei terreni comprendenti ormai solo la chiesetta passò alla famiglia veneziana dei Morosini e di mano in mano fino, agli inizi del ‘900, ai Bauce che la donarono alla parrocchia nel 1974.
Il restauro finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ma voluto e sostenuto dall’intera Parrocchia di Saonara, dall’allora Parroco don Francesco Lorenzin e poi da don Francesco Monetti e da monsignor Mario Morellato, ha visto il recupero della struttura esterna volto a salvaguardare gli affreschi che decorano l’intera area presbiteriale della chiesetta.
I dipinti, ben restaurati, si sono rivelati nel loro colore, espressività e articolazione. Sulla volta i simboli dei quattro evangelisti e Dio Padre benedicente; sulla parete di fondo una delicata Annunciazione e la presenza dei santi Francesco, Pietro, Paolo e Antonio che circondano la nicchia con la statua della Vergine; sulla parete sinistra, i santi Cristoforo, Michele, Prosdocimo e probabilmente Giustina, e di fronte Sant’Onofrio con al di sotto Giovanni evangelista, e San Benedetto circondato dalle piccole “muneghette”. Il tutto assieme ad un vigoroso e carico apparato decorativo di frutta e volute fogliacee da vita a un ciclo di affreschi, eseguito sicuramente a più mani verso la fine del ‘400, attraversato da un filo conduttore del tutto inusuale e ancora tutto da decifrare.
La speranza è che questo monumento di arte e fede rivelato nei suoi significati più profondi, grazie a una ricerca storico-artistica e filologica, possa essere sempre più rivalutato e contestualizzato all’interno della comunità religiosa e civile di Saonara.
Chiesa campestre dell’Assunta a Volparo, datata 1333.
L’interno ospita degli affreschi raffiguranti la Madonna con Bambino e altre Sante. Tali affreschi sono stati restaurati su iniziativa dei Cittadini di Volparo.
L’edificazione da parte dei Carraresi di alcune fortezze durante il ‘400 fa nascere il borgo di Castelcaro. Il Borgo ospita l’omonima chiesetta, di nobile fattura ed ancora in uso.
La chiesetta è aperta l’ultima domenica del mese ed offre la possibilità di partecipare alle messe.
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La Chiesetta di Santa Maria delle Righe, si trova nella frazione di Corte; risale all’anno 823 ed è caratterizzata da un’unica navata con copertura a capanna. La facciata presenta un portale semplice sormontato da un rosone ed un campanile triangolare di fine Ottocento.
L’antichità della costruzione è deducibile dalla disposizione costruttiva e architettonica, dai materiali lapidei e fittili utilizzati nella costruzione dei muri perimetrali.
Attualmente l’edificio dipende dalla Parrocchiale di Corte a cui fu donato nel 1964 da Carlotta Friso.
L’ultimo intervento di restauro risale al 1978 ma riguardò solo il tetto. Una più ampia opera di restauro avvenne nel 2000.
La chiesetta di Santa Maria di Righe è oggetto di particolare devozione: ancora oggi ogni anno il 24 settembre si ricorda con una processione il “voto di Righe” per ringraziare la Vergine che nel 1839 liberò gli abitanti di queste zone dall’epidemia di colera che imperversava dal 1836.
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LA CHIESETTA DI TOGNANA: La chiesa è documentata sin dal 1221 e dipende dalla pieve di San Martino di Piove di Sacco. E’ descritta nella relazione della visita pastorale del vescovo Barozzi (1489), a pianta quasi quadrata di nove metri per otto, con un solo altare. Verranno costruiti altri due altari e così la troverà Il vescovo Ormaneto nel 1571. Fin dal 1774 si avverti il bisogno di un restauro, ma di fatto questo avvenne soltanto dopo l’alluvione del 1882. Da questa data fu un continuo susseguirsi di lavori: nel 1914 fu rifatto il coro e allungata la navata, alcuni anni dopo si demolì tutto il resto, mantenendo il coro, per costruire un nuovo corpo a tre navate in stile romanico-bizantino.
Nel ’38 furono rivestiti in marmo i pavimenti e l’anno successivo si dovette innalzare Il coro per renderlo omogeneo con Il resto della costruzione. Nel’ 52 si ultimò l’opera con l’edificazione del campanile e nel ’70 fu consacrato il nuovo altare Maggiore. L’esterno è in mattone a vista, un piccolo porticato precede e protegge l’accesso.
L’interno è a tre navate divise da esili ed eleganti colonne con capitelli marmorei decorati con incisioni. Gli archi tra le colonne sono sottolineati da decorazioni a fresco dalle tinte discrete e calde. Si tratta veramente di un gradevole luogo di culto dalle armoniche proporzioni architettoniche. Custodisce una pregevole pala del Seicento, attribuita al Bissoni, raffigurante la “Presentazione al tempio di Maria”.
La tela, restaurata nel 1997 è stata riportata al dipinto originario, dopo che nel nell’Ottocento era stata manomessa cancellando certe figure per rappresentare il vescovo San Paterniano. Da sottolineare l’importanza delle statue di Santa Giustina e di San Prosdocimo poste a destra dell’altare. Sono di legno, ma la verniciatura le fa apparire di marmo. Databili XVII secolo, probabilmente facevano parte di un altro altare.
La luce soffusa, i particolari cromatici, le forme architettoniche, danno una sensazione di profonda spiritualità e nello stesso tempo di serenità che caratterizzano questa piccola parrocchiale, centro e punto di riferimento di una comunità che sta trovando una propria identità, dopo le recenti trasformazioni economiche e sociali che hanno caratterizzato questo territorio.
IL TEATRO FILARMONICO. Passeggiando da via Roma, all’incrocio con Via Cardano verso il palazzo comunale si scorge una costruzione restaurata che accoglie il Teatro Filarmonico Comunale. Sede di importanti rappresentazioni teatrali e musicali, offre ai Piovesi importanti momenti di cultura. L’aspetto dell’attuale edificio è molto simile a quello dell’originale eretto attorno al 1860. All’interno, pregevole é la decorazione del soffitto che raffigura un cielo che accoglie delle muse e dei putti che espongono su cartigli i nomi di importanti compositori.
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE. Di importante rilevanza storica, architettonica, religiosa e culturale è il santuario detto della Madonna delle Grazie. L’origine di questa costruzione è legata ad un accadimento di tipo miracoloso. Si narra infatti che i due fratelli della famiglia Sanguinazzi all’atto della spartizione della eredità dei genitori morti non trovassero accordo su chi dovesse conservare una magnifica tela raffigurante La Madonna con Bambino, giungendo addirittura a sfidarsi a duello. Ma tale duello non si tenne mai.
Un bambino di pochi mesi in braccio alla madre li dissuase esclamando “Fermatevi da parte di Dio” convincendoli a portare la tela in una chiesa fuori Piove di Sacco. L’immagine della Madonna fu fonte di miracoli e per questo motivo fu eretto un convento per i frati minori e la chiesa dedicata alla Vergine. La tela è attribuita al pittore veneziano Giovanni Bellini e datata intorno al 1478. La devozione è stata così forte che alla Madonna si attribuisce la liberazione di Piove di Sacco dalla peste nel 163. La festa per ricordare quella ricorrenza si tiene, da allora, tutti gli anni, il 6 Maggio e coinvolge tutta la popolazione che dal Duomo va in processione verso il Santuario. Il chiostro è l’unico elemento del convento rimasto intatto nonostante le distruzioni e ospita il caratteristico giardino interno.
In una zona un poco scostata dal centro storico si trova una delle ville di maggior pregio della città di Piove di Sacco.
Considerata dai Piovesi come simbolo della città, svolge attualmente il ruolo di campanile accanto al Duomo. Ubicata in Piazzetta S.M. dei Penitenti, davanti alla omonima Chiesola, è visitabile in occasione delle principali manifestazioni culturali del piovese e del mercatino dei portici. In queste occasioni è possibile salire sulla sommità del campanile per ammirare il panorama della centro storico e dei territori circostanti. La Torre, in origine con funzione di mastio del castello, fu edificata da Francesco da Carrara attorno al 1360 assieme ad altre 3 unità, (Torre Rossi,Torre Panico, Torre Carrarese). Con le devastazioni del 1800, queste ultime furono distrutte e il nome di “Carrarese” passò dall’antica torre al mastio. Decisamente interessante il meccanismo dell’orologio che, pur se affiancato da altri più moderni resiste dal 1907.
L’attuale Duomo si compone essenzialmente di varie strutture interagenti e collegate tra loro.
Accedi
L’edificio, Sede Municipale, fu costruito tra il 1821 e il 1823 su progetto dell’architetto Giuseppe Jappelli (Venezia 1783 – 1852), al posto del precedente Palazzo Pubblico di origine Carrarese. Originariamente l’edificio municipale ospitava oltre alla Prefettura, alla Cancelleria Censuaria, al Corpo di Guardia, anche ben dieci negozi, alcuni magazzini, e le carceri. Nel catasto austriaco l’immobile viene così descritto: “porzione di casa civile con botteghe; porzione di casa civile al primo piano, al piano superiore uffici della Deputazione Comunale”.
Attualmente lo stabile è totalmente occupato dagli uffici comunali. Nell’aiuola di fronte al Municipio è posto un piedistallo porta bandiera in pietra d’Istria sul quale sono ancora leggibili la data, 1591, lo stemma piovese con il San Martino e lo stemma del podestà Pandolfo Malatesta. Il prospetto principale è fortemente cadenzato dai fori delle finestre e dalle arcate al pianterreno. L’elegante atrio è costituito da un salone passante con colonne che riprendono il ritmo di facciata. Salendo lo scalone a destra si raggiunge il piano nobile dove sono gli ambienti di rappresentanza: la Sala della Magnifica Comunità o Sala del Consiglio, la Sala dei Melograni e l’ufficio del Segretario Generale. Nella Sala del Consiglio è possibile ammirare un Crocifisso ligneo trecentesco rinvenuto nella torre civica, un bassorilievo in pietra raffigurante San Martino e il povero (stemma del Comune), alcuni ritratti opera del pittore Giuseppe Mastellaro, altre opere del padovano Leo Borghi, un plastico che rappresenta una ricostruzione, in chiave artistica, della Piove medievale, realizzato dall’artista piovese Mario Salmaso, ed infine alcune tele realizzate in epoca recente.
Nell’attigua Sala Melograni (sede dell’Ufficio del Sindaco e della Giunta) un’intera parete è occupata dalla grande tela che costituiva il sipario del Teatro Filarmonico dov’è rappresentato l’Ingresso delle truppe italiane in Piove di Sacco; si tratta dell’unica opera di grandi dimensioni realizzata dal pittore Alessio Valerio (Piove di Sacco 1831– Padova 1922). Le pareti sono arricchite da una serie di ritratti, realizzati a matita o pastello su carta, opera di un altro insigne pittore locale ottocentesco, Oreste da Molin (Piove di Sacco 1856 – Padova 1921), al quale appartengono anche alcune tele e disegni situati nell’ufficio del Segretario Generale. In quest’ultimo ambiente meritano anche di essere segnalati i tre quadretti che riproducono le tre torri, oggi purtroppo distrutte, che costituivano le porte d’accesso alla città medievale. Infine, opere del pittore Giovanni Soranzo sono ospitate nell’ufficio degli Assessori.
Chiesa Secentesca di S.Pietro di Vallonga, ora restaurata
La Chiesa Dedicata all’”Annunciazione della Beata Vergine Maria” è Chiesa Arcipretale della Comunità di Arzergrande.
Consacrata dal Cardinale Carlo Rezzonico, il 3 maggio 1753 col titolo di Santa Maria in Ara Caeli.
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TERRITORIO DELLA SACCISICA PER COMUNE
Una biciclettata tra la campagna e la Laguna, all’interno dell’oasi della Valle Millecampi.
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- Casone delle Sacche
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Si parte dal Centro storico della Città a Piedi, passeggiando tra le vie principali. La visita segue il percorso degli antichi Pescatori medioevali, partendo dall’approdo del fiumicello (attuale pescheria), ringraziando San Nicolò visitando la millenaria chiesetta. Si passa poi sulla centrale via Roma per visitare il teatro Filarmonico, il Duomo e Palazzo Gradenigo. Si termina visitando l’affascinante Santuario delle Grazie e l’enigmatico Chiostro.
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Il nome del paese per secoli fu semplicemente Pieve, per lo più con la specificazione “di Sacco”, e solo dal 1814 divenne Piove. Il vescovo padovano Gauslino, confermatagli da Ottone I la donazione di Berengario, costruì intorno alla chiesetta di Santa Maria madre di Dio, documentata fin dal nono secolo, un luogo fortificato da una profonda fossa e un solido argine: ben presto si popolò tanto che la chiesetta non bastava più. Gauslino allora, tra 11970 e il 975, le affiancò una chiesa più grande che dedicò a san Martino ed elevò a pieve con supremazia sulle chiese circostanti. Questa chiesa fu sostituita solo un secolo più tardi da una più grande, iniziata dal vescovo Milone nel 1090 e terminata nel 1110.
All’epoca fu istituita anche una collegiata composta da un arciprete, un arcidiacono e nove canonici, che rimase fino alla soppressione napoleonica del 1810. Piove fu allora divisa in cinque settori, ciascuno con un proprio sacerdote alle dipendenze dell’arciprete: San Martino, Santa Giustina o San Rocco, chiesa del Crocefisso o San Francesco, San Nicolò, Sant’Anna. La chiesa arcipretale ha subito vari mutamenti dal Quattrocento in poi, fino al radicale rinnovamento del secolo scorso progettato dall’ingegnere Francesco Gasparini che prolungò l’edificio e ne invertì l’orientamento, allargandolo con le due navate laterali e conferendogli una più accentuata verticalità. I lavori iniziati nel 1893 furono completati nel dicembre del 1903 per la parte muraria e nel 1908 con l’incardinamento della porta maggiore. Nel frattempo, con una bolla del 9 maggio 1901, papa Leone XIII l’aveva elevata ad abbaziale. La torre campanaria è stata ricavata, all’inizio del dominio della Serenissima, riutilizzando l’unico superstite dei quattro torrioni del castello carrarese realizzato nel 1379. Nel 1415, ottenuto il permesso della repubblica, vi si aggiunse sulla sommità il castelletto con le campane. Negli ultimi trent’anni, la parrocchia del duomo ha dato vita a due parrocchie autonome: Sant’Anna e Madonna delle Grazie.
Dove si trova?
Il Duomo di Piove di Saco si trova in pieno centro a Piove di Sacco.
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I restauri della chiesa, conclusi nell’ottobre 1993, sono stati l’occasione per studiare la storia e le opere pittoriche che l’edificio custodisce. Dal punto di vista architettonico è interessante il notevole spessore delle mura (50 cm) che sono prive di fondamenta e costruite oltre che con mattoni, con ciottoli e materiali di recupero da cui deriva l’andamento ineguale delle pareti, che si può ben notare sulla parete esterna di sinistra.
La scelta un po’ singolare dei materiali e la rozzezza della muratura è ben giustificata dalla storia della fondazione della Chiesa di San Nicolò ad opera dei barcaioli e pescatori (San Nicola è il patrono di coloro che vanno per mare) di Piove di Sacco in seguito al passaggio della loro precedente chiesa, l’attuale Santa Maria dei Penitenti, alle dipendenze del Duomo. Secondo quanto riportato da una lapide del 1899 la chiesa era già esistente nel 1165 (Constat Existere ab ano 1165). L’esterno si presenta oggi in pietre faccia a vista, ad esclusione della facciata che è intonacata e rifinita a marmorino, con pilastri e timpano e può essere datata al XVI secolo. L’interno, riportato all’aspetto medievale dai restauri condotti nel corso degli anni Cinquanta – Sessanta, ha pianta a sala terminante in un’abside semicircolare e tetto a capanna.
Si tratta di una struttura estremamente lineare decorata da affreschi ed in alcuni tratti addirittura da più strati pittorici sovrapposti, di cui si è conservata soprattutto la parte che decora l’abside e la muratura circostante, mentre per il resto non è rimasto qua e là che qualche lacerto. Il nucleo più consistente degli affreschi nonché la parete di controfacciata risale al XIV secolo e fu realizzata in momenti differenti e ad opera di maestranze diverse, mentre la sensazione di unitarietà è da attribuirsi alla uniformità della cornice. La critica non è ancora unanime nell’ attribuzione: sono state identificate tendenze giottesco – riminesi, l’intervento di un seguace di Paolo da Venezi, e la mano del Maestro del coro degli Scrovegni. Recentemente, i quattro Apostoli ancora rimasti e le figure del Cristo Pantocrator nella mandorla e nella Vergine e San Giovanni che completano la decorazione del catino absidale, sono stati attribuiti ad un possibile intervento giovanile del pittore trecentesco di formazione giottesca Guariento di Arpo. Alla stessa mano, ma ad un periodo successivo (1350 – 1360) sarebbe da attribuire la Figura di Santo della controfacciata.
Dove si trova?
La Chiesa sussidiaria di San Nicolò è in via San Nicolò
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Raggiungiamo il centro abitato di Correzzola, caratterizzato dalla piazzetta con la Chiesa parrocchiale dedicata a San Leonardo, costruita in materiali poveri, come si addice ad una chiesa di campagna.
A breve distanza dalla piazzetta si trova l’enorme complesso della Corte Benedettina di Correzzola, dal 1500 centro operativo dell’imponente opera di trasformazione del territorio avviato dai frati di Santa Giustina.
Costruito accanto alla riva del Bacchiglione, in posizione ideale per le comunicazioni con Padova e Chioggia, esso era composto da una serie di edifici nei quali vivevano tutte quelle persone (artigiani, contadini, fabbri, ecc.) che assicuravano, con la loro opera, la buona amministrazione di questa grande tenuta.
Qui, infatti, trovavano posto i magazzini, i granai e le officine per svolgere le molteplici attività richieste dal funzionamento di una struttura così articolata e complessa. Vi erano anche forni per il pane, cantine per la distillazione dell’acquavite, laboratori per la tessitura, stalle, pozzi, orti e giardini. Il corpo centrale del complesso, quasi appoggiato all’argine del Bacchiglione e ritmato nella parte frontale da un lungo porticato, è chiuso nella parte ovest dalla foresteria, dalla residenza dei monaci e dal cellario.
Proseguendo poi verso sud vediamo elevarsi Vanezza Grande di Correzzola.Costruita nel 1570 come stalla per il bestiame della Corte, la Vanezza Grande presenta un prospetto scandito in quindici archi, di mirabili proporzioni, delimitati da due corpi laterali uguali e simmetrici. I pilastri di sostegno sono alleggeriti da lesene, in omaggio al gusto predominante nell’epoca di applicare elementi d’ispirazione classica alle strutture coloniche, di cui si conoscono nel territorio padovano altri esempi, sebbene non altrettanto elevati.
Dove si Trova?
La Corte Benedettina di Correzzola si trova a pochi passi dal centro abitato.
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La Corte Benedettina rappresenta il monumento più prezioso e significativo della comunità di Legnaro, centro economico, sociale e culturale del paese, sorta nel 400 per iniziativa dei Monaci di santa Giustina di Padova e cresciuta nei secoli con l’aggregazione di edifici successivi. All’inizio del 500 venne completata l’ala di Nord-Est con la parte residenziale per i Monaci e quella destinata a magazzino, precedute entrambe da un portico; tutta l’area della corte fu cintata da un muro con torre Colombaia a ovest. Nel 1717 fu riedificato il muro di cinta e forse alla metà del secolo vennero prolungate le ali su via Roma e via Orsaretto.
Nel 1810, soppresse le corporazioni religiose, la corte passò allo stato che la vendette nel 1837 a Ermanno Todesco, un banchiere e imprenditore ebreo di Vienna.
Nel 1841 fu edificata l’ala ovest con la stalla e il fienile e nel 1852 il prolungamento della ala nord su via Orsaretto con la filanda.
Morto nel 1844 Ermanno Todesco, i figli nel 1854 vendettero la tenuta di Legnaro e polverara di 5737, 16 campi al Conte Silvestro camerini.
La corte passò nel 1934 da Paolo camerini alla società l’anonima imprese agricole, nel 1949 alla conduzioni immobiliari società per azioni e nella 1958 ente nazionale Tre Venezie.
Alla soppressione dell’ente, divenne proprietà della regione che la assegnò in parte all’ESAV ( ente per lo sviluppo agricolo del veneto e ora veneto agricoltura), in parte al comune di Legnaro per attività culturali e sociali.
L’ESAV decise di collegare la corte al vicino polo tecnologico “Agripolis” e promosse nel triennio 1994-96 il restauro della”ex-filanda” e delle stalle destinate all’animazione scientifica e organizzativa, alla dimostrazione e diffusione delle informazioni e e all’accoglienza di operatori e ricercatori.
Il comune di Legnaro affidò nel 1986 a uno studio di Padova il progetto di restauro della alla più antica di Nord-Est, ma i lavori, cominciati nel 1987, furono sospesi per gravi problemi strutturali.
Alla fine del 1997 ed ebbe inizio, a cura della regione veneto, una completa ristrutturazione statica e architettonica del complesso che si concluse nella 1999.
I quattro corpi del fabbricato di circa 2000 mq. di superficie, ospitano oggi il centro di formazione e divulgazione corte benedettina, oltre a iniziative promosse e dai diversi soggetti del sistema agroalimentare veneto.
Il comune di Legnaro ha in uso una parte del lato est con l’ampio salone per la biblioteca e due vani per le attività culturali.
Il nucleo più antico del complesso, risalente al XV secolo, si articola a forma di L sui lati nord e est (fino alla zona porticata). i due blocchi sono collegati all’esterno su via Roma da una ampio portico preceduto da una scala.
La palazzina a nord ha un piano terra di 320 mq diviso in otto vani, un cantinato con volte a botte e al primo piano un ampio locale con tetto a capiate, sostenuto anche dal due file di pilastri centrali. Sulla lato Est sorgono due edifici a due piani (il primo di 260 mq con 4 vani e un portico a pianterreno e 6 celle dei Monaci con soffitto a volta al primo piano; il secondo di 170 mq, in parte usato come stalla. Un arioso portico e un passo carraio danno accesso la corte.
Il complesso, molto rimaneggiato e alterato nei secoli, possiede ancora preziosi elementi antichi, ad esempio le eleganti colonnine in pietra di Nanto con capitelli antecedenti al XV secolo, le tracce di pittura sul lato interno della palazzina a Est, i soffitti e cassettoni in legno dipinto in alcune stanze della palazzina a nord e due caminetti di pietra ottocenteschi con maioliche dipinte.
E’ stata anche recuperata l’antica chiesetta di santa Giustina, degradata e usata come officina meccanica.
La corte fu per secoli il fulcro da cui si irradiavano tutti gli interventi sul territorio riguardanti il lavoro e la salvaguardia del suolo; qui si raccoglievano decime, quartesi, onoranze, affitti, qui si ricorreva per la giustizia e la pietà. Intorno all’ampio spazio centrale con la pesa e l’aia di cotto si aprivano un tempo stalle, granai, cantine, fienili, rimesse, magazzini, locali per cedraia, legnaia, allevamento dei bachi da seta e lavori artigianali.
la potenza economica del monastero e il lavoro della popolazione si integravano le si manifestavano nella corte, vero momento alla comunità Legnaro, oggi finalmente richiamato in vita non solo con un restauro conservativo, ma con nuove funzioni culturali e sociali in armonia col presente.
Dove si trova?
La Corte Benedettina di Legnaro si trova a pochi passi dal centro di Legnaro.
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Sicuramente una delle più belle ville rinascimentali del Padovano. Racchiude un importante ciclo di affreschi di G.B.Zelotti e sovrapporte di Paolo Veronese e si caratterizza per la singolare planimetria.
La sua progettazione fu affidata nel 1544 da Girolamo de’ Roberti all’architetto Andrea da Valle (i lavori furono completati nel 1553), che edificò la villa sulle rovine del castello dei Maccaruffo, di cui rimangono ancora la torre trecentesca (dove sono visibili tracce di affreschi con lo stemma dei Carraresi) ed il pozzo antistante la barchessa (fine XV secolo).
La decorazione esterna del palazzo di Brugine con scene di storia romana ed aspetti mitologici è andata quasi completamente perduta, mentre all’interno, nel luminoso Salone Nobile, si conserva tutt’ora un pregevole ciclo di affreschi a soggetto mitologico risalente alla metà del Cinquecento, opera di Giambattista Zelotti e Antonio Fasolo. Paolo Veronese ha lavorato alla decorazione delle sovrapporte. Molti ammodernamenti e sistemazioni risalgono al Settecento, come gli stucchi presenti al Piano Nobile e la bella cancellata in ferro battuto (1742), mentre il parco conserva tutt’ora l’aspetto di giardino romantico all’inglese che lo rese celebre fin dalla sua creazione. La barchessa risalente al XV secolo e’ cadenzata all’interno da due grandi camini rinascimentali e all’esterno da otto archi che poggiano su colonne con capitelli.
Il casone veneto è la tipica abitazione dei contadini veneti della pianura. Una tipologia molto simile di casone era diffusa fino al XIX secolo anche più a sud, nelle zone della bassa bolognese e ferrarese. In questo caso si trattava soprattutto di misere case di pescatori che lavorano nelle paludi della zona.
La costruzione è spesso priva delle fondamenta e, se esistenti, sono molto semplici, realizzate con materiali di scarto o trovati sul posto. Il pavimento è normalmente in terra battuta, ma può essere piastrellato con mattonelle dette tavełe. Le pareti esterne erano l’unica parte in muratura e su queste poggiava il tetto, molto spiovente, a forma di cono.


L’area del Casone Azzurro di Arzergrande nella frazione di Vallonga
Quest’ultimo elemento è sicuramente il più peculiare del casone delle campagne della Saccisica ed è interamente costruito da canne palustri poggianti su travi e legate insieme. Il sottotetto serve da pagliaio e comunica con la sottostante stalla tramite una botola Le pareti interne sono invece formate da graticci e pali poi ricoperti di argilla (consuetudine diffusa anche nelle costruzioni di Venezia). Per la dipintura, la calce è la protagonista, formando la peculiare crosta esterna ruvida propria di ogni casone. Talvolta le finestre delle stanze più grandi danno su un portico rivolto a sud. Il caminetto, molto ampio, si trova a ridosso delle pareti.
Si ignora quando il casone fece la sua comparsa in Veneto. È certo che, sin dall’epoca tardo-romana nella regione c’era l’usanza di costruire ricoveri e magazzini utilizzando frasche e paglia, ma la loro evoluzione definitiva avvenne probabilmente dopo le conquiste della Serenissima. La terraferma, infatti, divenuto ora il “granaio” di Venezia, doveva far fronte al crescente fabbisogno alimentare della capitale e dell’esercito, allorché c’era bisogno di costruire rapidamente molti ricoveri per famiglie numerose, che rappresentavano la manodopera del tempo. Solitamente i proprietari terrieri offrivano ai mezzadri un fondo dove costruivano loro stessi il proprio casone che, inizialmente, era poco più che un capanno abitabile solo durante la stagione agricola. In seguito si andarono evolvendo in strutture più solide e squadrate, con molti elementi in muratura.
Con l’industrializzazione che caratterizzò l’economia veneta a partire dal secondo dopoguerra, i casoni sono andati sempre più scomparendo o si sono trasformati adattandosi a residenze moderne.
Dove si trova?
Il Casone Azzurro si trova ad Arzergrande, nella Frazione di Vallonga
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Arzergrande
- Chiesa di Santa Maria
- Chiesa di S.Pietro
- Casone Azzurro
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Bovolenta
- Chiesa di S.Agostino
- Chiesa di S.Antonio Abate
- Chiesa di S.Lorenzo
- Chiesa dell’Assunta
- Oratorio
- Monumento ai Caduti
- Villa Martinengo
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Brugine
- Chiesa del Santissimo Salvatore
- l’Oratorio della Beata Vergine del Rosario
- Palazzo Buzzacarini
- Villa Roberti
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Codevigo
- Casa di Alvise Cornaro
- Casoni di Valle Milleampi
- Cason delle Sacche
- Palazzo Merli
- Chiesetta di Castelcaro
- Chiesa di San Zaccaria
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Correzzola
- Corte Benedettina
- Chiesa Santi Nicolò e Rocco
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Legnaro
- Corte Benedettina
- Chiesetta di Volparo
- Chiesa di San Biagio
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Piove di Sacco
- Duomo (Arcipretale di S.Martino)
- Torre Maggiore
- Monte di Pietà
- Palazzo Barbaro Lorenzoni
- Palazzetto Sartori
- Palazzo Bertani Doardo
- Palazzo Neogotico
- Casa Vallini Corazza
- Palazzo Gradenigo
- Palazzo Badoer Sommer
- Villa Dante
- Villa Rosso
- Villa Priuli
- Palazzo Jappelli (Municipio)
- Teatro Comunale
- Chiesa di San Nicolò
- Il Santuario della Madonna delle Grazie
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Polverara
- Monumento ai Caduti (Baschierato)
- Torre Colombara
- Villa Priuli, Rezzonico
- Chiesa di San Fidenzio
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Pontelongo
- Villa Foscarini Erizzo
- Chiesa Parrocchiale
Sant’Angelo di Piove di Sacco
- Chiesa arcipretale di S.Michele Arcangelo
- Chiesa Parrocchiale di Celeseo
- Chiesa Parrocchiale di Vigorovea
- Casa Gotica
- Casa Maritan
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Il lardo della Saccisica è il prodotto della salagione, aromatizzazione e stagionatura dello strato di grasso che si trova appena sotto la cute del maiale. Questo taglio grasso del maiale si preleva dal collo, dal dorso e dalla parte alta dei fianchi dell’animale.
Il nome lardo sarebbe da attribuire propriamente al prodotto stagionato, mentre il taglio di carne grassa da cui il lardo si produce, ordinariamente sarebbe corretto chiamarlo grasso fresco, per distinguerlo dal prodotto stagionato.
La qualità del lardo dipende della scelta delle materie prime (dalla qualità del “grasso fresco” che deve essere di suino pesante, agli aromi con i quali viene strofinato) e della sapiente arte della stagionatura che ancora oggi viene fatta nelle conche di marmo o di legno in cui il prodotto rimane per circa 6 mesi.
I lardi più conosciuti ed apprezzati sono sicuramente quelli Toscani di Colonnata e i Valdostani di Arnad, ma anche in questo caso La Saccisica si affaccia sul panorama enogastronomico Nazionale con un proprio prodotto locale denominato “Lardo della Saccisica”, caratterizzato da una storia romantica ed avvincente, come il suo gusto.
Lardo della Saccisica: Le origini del nome
Si narra che il lardo della Saccisica nasca dalla “ricetta” donata da un pimpante ottantenne durante la sua ottantesima festa di compleanno al titolare del posto in cui si trovava.
Il “nonno” era infatti un contadino che da novembre a febbraio si trasformava in un norcino ambulante. Egli riscuoteva molto successo per i suoi lardi, lasciati stendere e riposare su sale e spezie e poi appesi ad asciugare nella “caneva” (al fresco, nel luogo più ventilato delle vecchie case contadine)
La “ricetta” dopo varie prove, diede il via ad una preparazione di lardo caratterizzata da un filo “di magro”, dal profumo e dal colore roseo, pronta per il consumo in circa due mesi di stagionatura.
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Paolo Tieto: Principali opere pubblicate
Santuario Madonna delle Grazie – Il Duomo di Piove di Sacco – I Casoni Veneti – Riviera del Brenta: immagini a confronto tra la realtà d’oggi e le incisioni di G.F. Costa – Le delizie del fiume Brenta: 140 incisioni di G.F. Costa – Diego Valeri e la sua città natale – Andrea Brigenti: da Agna a Villa Borghese – Proverbi commentati – Suo umile servo in Cristo: Scritti di San Leopoldo Mandic – Guida alla Riviera del Brenta e Villa Pisani – Memorie: aspetti di civiltà del Sud-Est padovano – San Giorgio delle Pertiche: chiesa arcipretale – San Nicolò in Piove di Sacco Storia, Arte, Religiosità – Madre di Dio – Artisti Piovesi tra Otto e Novecento – Oreste Da Molin – Bordignon – Baschierato – Cent’anni all’insegna della Carità – Visione Veneziana – I misteri del creato – Ritratti a piccolo formato – Giuseppe Siccardi
Principali libri scritti da Paolo Tieto in équipe con altri studiosi:
Il complesso di San Francesco grande in Padova – Riccardo Galuoppo – Guida della Provincia di Padova – Dentro l’essere – Ville in Saccisica e dintorni – Campi in Saccisica e dintorni – Acque in Saccisica e dintorni – Strade in Saccisica e dintorni – Storie in Saccisica e dintorni – Corte Bona et Optima Villa del Padovano – Il casone di Via San Marco a Vallonea – Una Associazione per l’Arte – Il cavallo nell’Arte – Franco Murer, Arte e Pietà in un sentiero del bosco – Veneto Paese per Paese (enciclopedia): 12 Comuni + 2 inserti.
Paolo Tieto è morto il 20 agosto 2015 a Piove di Sacco
Una rassegna (in divenire) sui tanti libri che parlano della nostra amata terra
- Cultura in Saccisica
Libri che trattano la cultura della Saccisica. - Libri su Diego Valeri
Libri che descrivono la figura di Diego Valeri: scrittore nato e vissuto a Piove di Sacco nella Saccisica - EnoGastronomia in Saccisica
Libri sul mangiare bene in Saccisica - Libri su Angelo Beolco detto il Ruzante
Libri sul famosissimo e celebre Ruzante. - Storia in Saccisica
Libri sulla storia della Saccisica - Il territorio della Saccisica
Libri sul territorio della Saccisica
Nel 1978 si iscrive al primo fotoclub di Piove di Sacco (il “Diego Valeri”) e per diversi anni stampa personalmente le sue foto in Bianco e Nero. Registra i suoi frequenti viaggi, il lavoro degli artigiani, gli ambienti rurali della Saccisica, i grandi eventi (l’Irpinia terremotata, la strage alla stazione di Bologna, l’Umbria e le Marche del dopo terremoto).
Successivamente, documenta l’attività di alcuni artisti del suo territorio, tra i quali il pittore Silvano Rampin e il compianto scultore Stefano Baschierato, che fu uno dei fondatori del Gruppo Artisti della Saccisica.
Nel 1999, su invito del Comune di Padova, nella mostra Foto di Cronaca presenta 60 immagini, tutte incentrate sull’uomo, colto nei suoi atteggiamenti più espressivi: per strada, sul lavoro, tra le rovine di un paese terremotato, in una vecchia casa rurale, nel foyer di un Conservatorio.
Col colore realizza alcuni reportage, di viaggio (Hong Kong e Pekino, 1985), o sulla Natura, spesso quella meno spettacolare (Giochi d’acqua) o più misteriosa (Gli Affreschi della Val Noana).
In Bianco e Nero: Luci di Sardegna; Paesaggio Interiore. In questa sequenza Baruffaldi interviene sull’immagine digitale cercando di mettere in luce la specificità onirica, spesso molto ben celata, della fotografia scattata.
Nei suoi ultimi lavori prevalgono le indagini sociologiche o di costume, con immagini mai finalizzate a soddisfare i soli canoni estetici.
Ha esposto in diverse mostre personali e collettive.
Fotolibri: Stefano Baschierato scultore; Foto di cronaca; Giochi d’acqua; Silvano Rampin, tavolozze di colori; Luci di Sardegna, Paesaggio interiore, mito e realtà.
Calendari: Baschierato (2004), Frammenti di Viaggio (2005), Il lavoro dell’uomo (2006).
In tutte quelle pagine i protagonisti sono l’uomo, il suo ambiente, la dignità del fare e la grandezza del vivere.
Toni Baruffaldi antoniobaruffaldi@alice.it www.tonibaruffaldi.com
Pagina su Luciano Favorido, Pittore
Stefano Baschierato nato a Celeseo, frazione di Sant’Angelo di Piove (Padova), il 14 aprile 1922, da Giovanni Battista e Alba Salmaso. Si è diplomato all’Accademia delle Belle Arti a Venezia nel 1941, dopo aver frequentato la scuola d’intaglio del legno presso l’Istituto d’Arte Pietro Selvatico di Padova (a cui si era iscritto nel 1932, e di cui ricorda con piacere i maestri Eligio Polidoro, Luigi Gaudenzio e Piero Campeo) e l’Istituto d’Arte dei Carmini di Venezia.
Le prime soddisfazioni le ottiene ai concorsi della GIL, associazione culturale del partito fascista: ottiene il primo premio sia ai Ludi Agonali che Littoriali (rispettivamente nel 1934 e 1935) con dei bassorilievi in gesso: il primo raffigurante una “Deposizione” e il secondo una “Marcia dei balilla”).
Dal 1936 al 1941 Stefano Baschierato ha esposto in varie città d’arte d’Italia, vincendo alcuni premi tra i quali nel 1936 il primo premio ai “Ludi dell’arte” di Padova, l’anno successivo si classifica secondo alla “Mostra nazionale di Roma”, nel 1938 il primo premio al Palazzo del Pallone di Verona (con la scultura “Il bacio”) e nel 1940 il primo premio “Scultura per giovani” alla Biennale di Venezia.
Stefano Baschierato e la sua esperienza di insegnamento
Nel 1941 e 1942 Stefano Baschierato ha insegnato alla Scuola d’Arte del Legno di Ortisei, in Valgardena (Bolzano), impegno che dovette interrompere per partecipare con il grado di Ufficiale alla Seconda Guerra Mondiale. Ritornato in patria dopo una lunga e dura prigionia in Germania, si unisce all’azienda del padre nel ramo dell’industria sediaria, vecchia attività di famiglia.
Nel 1955 Stefano Baschierato sposa Maria Ottavia Gambarro, che sarà sua compagna per tutta la vita, e da cui un anno dopo avrà il suo unico figlio, Giovanni Battista Walter. Ha ripreso l’attività di scultore nel 1972, applicandosi con rinnovato entusiasmo a lavori in ferro, in bronzo e in pietra, e partecipando a mostre e a concorsi nazionali e internazionali.
Nel 1975 Stefano Baschierato partecipa ad una mostra a Piove di Sacco (Padova), alla Galleria d’Arte Bertin. Nel 1976 si classifica al secondo posto (sezione scultura) al grande premio internazionale “Jacopo da Ponte” di Bassano del Grappa (Vicenza), e l’anno seguente partecipa alla IIIª Biennale dantesca di Ravenna classificandosi secondo.
Il Primo monumento di Stefano Baschierato
Nel 1979 porta a compimento il suo primo monumento, dedicato ai Donatori di sangue, che viene collocato in piazza a Vigonovo (Venezia), e l’anno successivo ottiene il secondo premio per la sezione scultura al “Premio Malatesta” nella Prima rassegna internazionale d’Arte Città di Rimini. Cinque anni dopo realizza tre grandi statue in pietra di Custozza (Madonna col Bambino, San Pietro e San Paolo) che vengono collocate alla sommità della facciata del Santuario della Madonna delle Grazie di Piove di Sacco. Nello stesso anno fa omaggio al Papa Giovanni Paolo II di una propria scultura, ricevendone in cambio, tramite il sostituto della Segreteria di Stato Mons. E. Martinez, un attestato di stima e di viva riconoscenza, ed esegue a Polverara (Padova) un monumento dedicato ai caduti di tutte le guerre.
Negli anni che seguono effettua numerosi altri monumenti e allestisce mostre personali e collettive in diverse città d’Italia e all’estero.
Nel 1993, dopo un lungo ed impegnativo lavoro, Stefano Baschierato incardina la porta maggiore della Chiesa Arcipretale di San Michele a Sant’Angelo. Nel 1999 riceve, per meriti artistico-culturali, la cittadinanza onoraria dal Comune di Piove di Sacco.
Ha vissuto (fino alla sua morte, avvenuta la notte tra il 27 e il 28 luglio 2000, a pochi mesi dalla morte della moglie Maria Ottavia) a S.Angelo di Piove di Sacco, nella sua caratteristica villetta.
Nato a Padova nel 1981, si è diplomato in pianoforte nel 2004 e in canto nel 2005 con il massimo dei voti e la lode al conservatorio di Adria (Ro). Attualmente si perfeziona con Raina Kabaivanska. Ha frequentato i corsi di perfezionamento dell’Accademia Chigiana di Siena e dell’Accademia Rossiniana di Pesaro. Particolarmente a suo agio nell’interpretazione di ruoli brillanti e di carattere, ha collaborato con direttori quali Daniel Barenboim, Daniele Callegari, Alan Curtis,Gianluigi Gelmetti, Eliahu Inbal, Alberto Zedda, Vladimir Jurowski, Filippo Maria Bressan, Julian Kovatchev,Whun-chung e con registi come Mario Monicelli, Gianfranco De Bosio,Robert Carsen, Marco Gandini, Italo Nunziata, Damiano Michieletto, Eimuntas Nekrosius, Pierluigi Pizzi, Franco Zeffirelli, Dmitri Tcherniakov presso teatri di fama internazionale.
Debutta in Serva Padrona e Gianni Schicchi con OperaStudiomimesis (Teatro comunale di Firenze). Nel 2005 canta in Così fan tutte (Don Alfonso) con l’Accademia Chigiana (Teatro dei Rozzi), nel Don Pasquale a Treviso e Rovigo; nei teatri di Pisa, Lucca, Livorno e Ravenna è Cancian ne I Quattro Rusteghi di Wolf-Ferrari. Nel corso del 2006 ha cantato i ruoli di Bob e Tom ne Il Piccolo Spazzacamino di Britten in scena al teatro Comunale di Modena e quello di Papageno nel Flauto Magico di Mozart al teatro Olimpico di Vicenza. Si è esibito al Rossini Opera Festival come Barone di Trombonok nel Viaggio a Reims. Ha inoltre preso parte alla tournée in Giappone del Teatro dell’opera di Roma con Tosca, interpretando il ruolo del Sagrestano. Nel Novembre 2006 ha partecipato alla prima esecuzione assoluta dell’opera di Paol Furlani Il principe granchio realizzata al Teatro di Modena. Nel Maggio 2007 ha cantato a Milano nella produzione As.Li.Co di The Fairy Queen nel ruolo di Puck toccando i teatri di Cremona,Como,Piacenza,Bologna e Brescia. Hanno fatto seguito il ritorno al Rossini Opera Festival per La Gazza Ladra (Pretore) ed i debutti ne Les Mamelles de Tirésias (Le Gendarme) ed in Werther a Sassari. Ha cantato in Tosca (il sagrestano) al Teatro dell’Opera di Roma per l’apertura di stagione 2008 e nelle riprese dell´anno seguente. Al Teatro alla Scala di Milano ha interpretato uno dei giocatori nel Giocatore di Prokofiev sotto la direzione di Daniel Baremboim. Al Teatro La Fenice di Venezia viene invitato per la messa in scena del Boris Godunov, al Teatro di Sassari debutta con grande successo nella Pietra del Paragone (Pacuvio) di Rossini e nella Boheme (Schaunard) di Puccini presso il Teatro di Sassari.
Nel Gennaio 2009 canta al Gran teatro La Fenice nel Romeo e Juliette di Gounod (Gregorio). Per il festival delle Settimani Musicali di Vicenza è stato Bennardone nell’opera Il finto Turco di Piccinni ottenendo consenso di critica a livello internazionale. Per il Macerata Opera Festival partecipa alla produzione di Butterfly con la regia di Pierluigi Pizzi. Nel Settembre 2009 torna al Gran teatro la Fenice per la Traviata. Recenti impegni sono stati concerti di Agrippina di Händel presso il Mito Festival e il teatro Real di Madrid, Bartolo/Il Barbiere di Siviglia di Paisiello al Teatro Lirico di Sassari, Schaunard/La Boheme all´opera di Sofia e Benoit/La Boheme in una nuova produzione della Fenice di Venezia. Nella stagione corrente si è esibito come Schaunard/La Boheme al Teatro di Modena, Antonio/Le nozze di Figaro al Teatro La Fenice di Venezia e nel dittico di Rota La notte di un nevrastenico/I due timidi al Teatro lirico di Sassari. La scorsa stagione ha debuttato al Concertgebouw di Amsterdam come Sagrestano/TOSCA con la direzione musicale di Pinchas Steinberg e Zuniga/CARMEN al Teatro la Fenice di Venezia. Recentemente ha interpretato il ruolo di Montano/OTELLO al Teatro Comunale di Modena e Piacenza nonché in Giappone durante una tournee con il Teatro la Fenice di Venezia.
Tra i suoi prossimi impegni ricordiamo Zuniga/CARMEN, Benoit/LA BOHEME e una nuova produzione di RAKE´S PROGRESS al Teatro la Fenice di Venezia.
Matteo Ferrara ha tenuto recital operistici e concerti in Italia, Germania, Austria, Russia, Brasile, Cile, Argentina e Giappone.
Guariento detto di Arpo (nome del padre) fu un pittore italiano attivo nel XIV secolo, considerato la prima personalità a ricoprire un vero e proprio ruolo di artista di corte nella Padova del Trecento.
Di lui si possiedono solo notizie frammentarie: uno dei metodi più idonei per approfondire questo personaggio ancora poco noto è scavare nella sua giovinezza e nell’ambiente della sua formazione. Nacque intorno al secondo decennio del 1300 (si suppone circa nel 1310) e nel 1369 risultava già deceduto.
Il luogo di nascita è con tutta probabilità Piove di Sacco anche se i primi documenti che attestano la sua attività risalgono al 1338. Chiave della ricerca è un documento notarile del 1352 di cui si era già a conoscenza grazie a studi precedenti, ma con un’errata interpretazione. Per 1200 lire Tebaldo negociator del fu Francesco de Zante vendeva a Guariento una serie di immobili: i campi oggetto di scambio appartenevano al territorio della Saccisica, di cui gli ultimi sette confinanti con terre già possedute dal magister Guarientus. Queste erano in contrada di San Francesco a Piove di Sacco.
È altamente plausibile quindi che in quei terreni fosse stata costruita la casa paterna dove Guariento trascorse la sua infanzia. Vi è un’altra pergamena, appartenente ad una collezione privata, datata 1366 che conferma questa tesi: è un certificato che nomina la presenza di Guariento e le sue proprietà a Piove ed è ulteriore prova che in quel preciso anno il pittore era ancora vivo. Già nel documento del 1338, quando Guariento doveva avere poco più di vent’anni, è nominato come del “fu Arpo”: il padre quindi era già deceduto. Il fatto che il pittore fosse rimasto orfano in giovane età induce a pensare che qualcun’altro lo avesse preso sotto la sua protezione. Alberto, arciprete di Piove di Sacco, fu colui che probabilmente ne comprese il genio e l’assistette durante la sua adolescenza, istruendolo (del resto, per il Duomo di Piove di Sacco, con dedica all’arciprete Alberto, Guariento eseguì nel 1344 il Polittico dell’Incoronazione, oggi alla Norton Simon Foundation).
Piove al tempo era un importante centro: nel primo Trecento aveva assistito ad una vivace fioritura artistica, soprattutto nei luoghi sacri come la Chiesuola di Santa Maria dei Penitenti e la Chiesa di San Nicolò. Guariento, giovanissimo, imparò qui l’arte di dipingere e poi, spostandosi a Padova, mise alla prova le sue conoscenze, potenziando le sue capacità. Si formò forse alla scuola dei riminesi attivi a Padova nel terzo decennio. La sua attività si estese anche a Venezia ed eseguì degli affreschi a Bolzano, purtroppo distrutti nel 1944. La sua unica opera firmata è la Croce ora al Museo di Bassano, databile 1331-1332. Coevo è anche il Busto del Redentore di Padova, superstite tabellone superiore di una croce dipinta, con forti influssi giotteschi. Intorno al 1351 eseguì la decorazione delle tombe di Ubertino e Jacopo da Carrara, la cui parte scultorea fu affidata al veneziano Andriolo de Santi. I sepolcri dei due principi si trovavano nella chiesa di Sant’Agostino e, dopo la distruzione nell’Ottocento, furono trasportati agli Eremitani. In questa commissione Guariento dimostra una notevole abilità ritrattistica, mentre il colorismo è delicato e raffinato. Verso la metà del secolo il pittore ebbe contatti con l’ambiente veneziano: erano i gloriosi anni del dogado di Andrea Dandolo, un signore colto e moderno, che teneva corrispondenza epistolare con Francesco Petrarca. Quest’ultimo, dal 1349, soggiornava a Padova. Gli influssi bizantineggianti sono evidenti in una delle opere più ambiziose di Guariento: la decorazione della cappella privata dei Carraresi, ora sede dell’Accademia Galieliana.
In questo periodo approfondì le sue conoscenze matematiche e prospettiche, discipline allora studiate all’Università patavina. Verso il 1361, a testimonianza della fama raggiunta, eseguì delle figure allegoriche per la tomba del Doge Dolfin nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia, molto vicine a quelle dello zoccolo della decorazione dell’abside maggiore della Chiesa degli Eremitani, 2 affreschi compiuti agli inizi del settimo decennio del Trecento, certamente prima del 1367, e che dimostrano una comprensione matura della prospettiva. Il ciclo padovano purtroppo fu rovinato per più della metà nel fatale bombardamento del 1944 che distrusse anche la cappella Ovetari (rimane oggi la parete sinistra del presbiterio, a partire dall’arco di accesso, una modestissima zona dell’abside e della zona inferiore del carino absidale a sinistra). Intorno agli anni Sessanta Guariento compì un viaggio a Venezia, nel corso del quale dimostrò la sua padronanza nella pittura: si tratta del celebre Paradiso dipinto nel 1366-1367 per Palazzo Ducale, gravemente danneggiato nel 1577 e ricoperto dalla tela del Tintoretto di analogo soggetto. È l’opera che diede al pittore piovese la maggior fama e fu celebrata dagli scrittori veneziani e non solo, data l’influenza che esercitò sull’arte lagunare fino all’inizio del Quattrocento. Altre opere collocabili in anni avanzati dell’attività sono le Madonne di Londra, Berlino e New York nelle quali si cogli un’accentuazione degli elementi gotici e della profondità dell’ambientazione. Nel 1367 Guariento, a Padova doveva essere definitivamente tornato. Qualche critico gli attribuisce almeno l’inizio delle decorazione della sala degli Uomini Illustri nella reggia dei da Carrara, continuata e terminata, dicono, da Avanzo, arrivato da poco da Verona.
In questi anni Guariento terminava la sua carriera, tutta tesa in una continua ricerca di un sempre più raffinato linguaggio gotico, intriso di aspetti “cortesi” e con forti slanci verso il gotico internazionale. Avrebbe lasciato il posto ai pittori della nuova generazione trecentesca attivi anch’essi nella Padova carrarese, vale a dire Avanzo, Altichiero e Giusto de’ Menabuoi, artisti che si appellarono soprattutto alla volumetria giottesca senza formalismi gotici e sottigliezze grafiche. Guariento nel 1369 risulta già morto.
Figlio d’arte, apprende prestissimo i segreti del disegno e della pittura dal padre, col quale collabora anche al restauro di quadri antichi. Prosegue gli studi a Venezia frequentando l’Istituto Statale d’Arte dei Carmini, sezione Arti Grafiche.
Dal 1975 ad oggi ha inciso circa 350 lastre ottenendo risultati unici con la tecnica dell’acquatinta. Lavora per gli editori d’incisione INClub di Firenze, Chalcos di Napoli e Toro di Milano.
Per Approfondire: Sito web dell’Artista
Renata Benvegnù è nata a Dolo nel 1986 ed ha studiato al Conservatorio A. Buzzolla di Adria dove si è Diplomata con il massimo dei voti, la lode e la menzione speciale sotto la guida dei maestri Federica Righini e Giampaolo Nuti.
Ha appena conseguito la Laurea Magistrale presso la prestigiosa Royal Academy of Music di Londra ottenendo il massimo dei voti, sotto la guida del m° Christopher Elton.
Nel 2011 ha conseguito il Diploma di alto perfezionamento pianistico con il massimo dei voti presso l’Accademia Nazionale S.Cecilia di Roma dove ha studiato con il m° Sergio Perticaroli.
Si è inoltre Diplomata in Musica da Camera presso l’Accademia di Imola sotto la guida del m° Piernarciso Masi. Nel 2010 ha studiato al Real Conservatorio Superiore di Musica di Madrid nella classe di Ana Guijaro e, nello stesso anno, ha superato un’importante selezione (solo dieci i pianisti selezionati in tutto il mondo) che le ha permesso di ricevere una borsa di studio per frequentare la prestigiosa Music Academy of the West in California, dove ha studiato con il m° Jerome Lowenthal ed ha partecipato al Summer Music Festival di Santa Barbara.
La sua passione per le tematiche pedagogiche le ha permesso inoltre di conseguire brillantemente tre Lauree Specialistiche Abilitanti all’insegnamento presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia ed il Conservatorio di Adria. Dunque, affianca all’attività concertistica anche l’attività didattica (ha insegnato ai Corsi di Formazione di Base del Conservatorio Pollini di Padova) ed è direttrice artistica dell’APS Orchestra Giovanile della Saccisica di Piove di Sacco, che le permette di organizzare il Concorso Nazionale di Esecuzione Musicale“Città di Piove di Sacco”. Uno dei concorsi musicali più importanti nel panorama Nazionale.
Ha vinto il Primo Premio ed il Primo Premio Assoluto in più di quaranta Concorsi Pianistici Nazionali ed Internazionali, tra questi il recentissimo “Premio Pianistico Europeo Riviera di Rimini”, il “Premio Liszt” al Concorso Internazionale di Verona, il prestigioso “Concurso Internacional de piano de Ibiza” in Spagna tra più di 90 partecipanti, il Premio “Giovani Talenti” insignito dal Rotary Club, la Borsa di Studio “Solti Foundation” in Belgio ed il premio “Miglior Diplomata d’Italia” alla rassegna di Castrocaro che le ha permesso di incidere un cd divulgato dal noto mensile per musicisti “Suonare news”.
Ha un’intensa attività concertistica che la porta ad esibirsi con grande successo in Svizzera, in Inghilterra (St. James Piccadilly, Duke’s Hall e Steinway Hall di Londra) in America (Hahn Hall e Lehinman Hall di Santa Barbara) in Spagna (Auditorium M.de Falla del Conservatorio di Madrid) ed in tutt’Italia (Teatro di Marcello, Biblioteca Angelica di Roma, Auditorium Pollini e Studio Teologico del Santo di Padova, Circoli Ufficiali di Udine e Milano, Teatro dal Verme e Sala Puccini del Conservatorio di Milano, Teatro Astori di Mogliano Veneto, Teatro Malibran e Sale Apollinee del Teatro La Fenice di Venezia, Auditorium di Catania, Teatro comunale di Adria, Festival del Cinema di Agrigento, Fondazione Walton di Ischia ecc).
Ha suonato come solista con l’Orchestra di Padova e del Veneto, l’Orchestra Giovanile della Saccisica, l’Orchestra del Conservatorio di Adria e suona in numerose formazioni cameristiche, tra queste il Trio Chromatique composto da Ingrid Ruko, al violoncello e Giulia Lucrezia Brinkmeier al violino.
Ha inoltre inciso un cd con l’integrale dell’opera pianistica di J.W. Bauman compositore Americano contemporaneo ed un cd con il “Trio Chromatique” pubblicato da “Morandi Editore” e disponibile su iTunes.
A Settembre debutterà alla Dae-Yang hall della Sejong University di Seoul in Sud Corea dove eseguirà il Primo Concerto di Liszt per pianoforte e orchestra.
Per approfondire:
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Di importante rilevanza storica, architettonica, religiosa e culturale è il santuario detto della Madonna delle Grazie. L’origine di questa costruzione è legata ad un accadimento di tipo miracoloso.
Si narra infatti che i due fratelli della famiglia Sanguinazzi all’atto della spartizione della eredità dei genitori morti non trovassero accordo su chi dovesse conservare una magnifica tela raffigurante La Madonna con Bambino, giungendo addirittura a sfidarsi a duello. Ma tale duello non si tenne mai.
Un bambino di pochi mesi in braccio alla madre li dissuase esclamando “Fermatevi da parte di Dio” convincendoli a portare la tela in una chiesa fuori Piove di Sacco. L’immagine della Madonna fu fonte di miracoli e per questo motivo fu eretto un convento per i frati minori e la chiesa dedicata alla Vergine. La tela è attribuita al pittore veneziano Giovanni Bellini e datata intorno al 1478. La devozione è stata così forte che alla Madonna si attribuisce la liberazione di Piove di Sacco dalla peste nel 163. La festa per ricordare quella ricorrenza si tiene, da allora, tutti gli anni, il 6 Maggio e coinvolge tutta la popolazione che dal Duomo va in processione verso il Santuario. Il chiostro è l’unico elemento del convento rimasto intatto nonostante le distruzioni e ospita il caratteristico giardino interno.
Ugo Valeri, fratello di Diego Valeri, appare come una meteora nel panorama artistico tra fine ’800 e inizi del ‘900. Nato a Piove di Sacco (PD) nel 1873, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1896 e nell’anno seguente a quella di Bologna. Ma, incapace di sottostare a qualsiasi disciplina, viene espulso da entrambe.
Protagonista della vita scapigliata e bohemienne della citta’ emiliana, come animatore della Congrega dei Giambardi della Sega, lavora anche a Milano e a Venezia. Valeri e’ poeta della strada, ovvero una sorta di narratore provvisto di matita, carboncino, acquarello, tempera e olio, che tratteggia la vita irrequieta dei primi anni del ‘900: il popolo dei caffe’, dei teatri e del demi-monde, delle sartine e dei dandy.
Caparbio e ribelle, Valeri vive al di fuori degli schemi preordinati del mondo artistico, seguendo la propria indole insofferente che lo costringe a una vita raminga alla ricerca di quei gruppi di artisti, definiti all’epoca “scapigliati”, con cui condivide lo stesso stile di vita. Ma Valeri e’ anche uomo di successo, come testimonia la sua partecipazione ad importanti esposizioni quali il Premio Francia a Bologna (che vince nel 1898), l’Esposizione Internazionale per l’apertura del Sempione nel 1906, la Biennale di Venezia nel 1907 e le personali a Ca’ Pesaro nel 1909 e 1910. E’ proprio a seguito dell’enorme riscontro della personale del 1909 che viene a determinarsi la svolta secessionista di Ca’Pesaro, ovvero il movimento innovativo che, sotto l’ala di Nino Barbantini, nell’ambito delle prime esposizioni Bevilacqua La Masa, trova spazio al Museo di Ca’ Pesaro, in fertile polemica con l’establishment critico dell’epoca, offrendo visibilita’, tra gli altri, ad artisti come Arturo Martini, Felice Casorati, Gino Rossi.
Abile disegnatore, grazie all’intuizione che il “nuovo” sta nel dinamismo e nella velocita’, Valeri viene ricordato anche come uno dei maggiori illustratori italiani: sue opere appaiono nel primo decennio del ‘900 sulle riviste La Lettura, Illustrazione Italiana, Varietas, Secolo XX, Italia Ride e nei libri di Marinetti, Neera, Cavicchioli, Notari.
La promettente parabola dell’artista veneto e’ destinata a interrompersi bruscamente: Valeri muore, infatti, nel 1911, cadendo proprio da una finestra di Ca’ Pesaro.
Oreste Da Molin fin dalla prima giovinezza manifesta una spiccata predisposizione per il disegno. Tale inclinazione lo porterà a seguire i corsi del professor Giovanni Battista Tessari alla Scuola Pratica di Disegno per Artigiani di Piove di Sacco. Dal 1873 al 1877 è iscritto alla Reale accademia di Belle Arti di Venezia dove ottiene brillanti risultati nonostante le difficoltà economiche conseguenti alla perdita di entrambi i genitori.
Tra i suoi insegnanti figurano alcuni nomi di spicco della scena artistica veneziana di quel periodo: Pompeo Marino Molmenti, Antonio Dal Zotto, Lodovico Cadorin e Giacomo Favretto. Verso la metà degli anni settanta, mantenendosi con la vendita di bozzetti di popolane e scugnizzi, si trasferisce a Napoli per un breve periodo. All’Istituto di Belle Arti partenopeo, dove insegna Domenico Morelli, ottiene un documento che gli consente, una volta rientrato a Venezia, di terminare con un anno di anticipo gli studi.
La Gioventù di Oreste da Molin
Ancor prima di diplomarsi si fa notare a una esposizione veneziana con In attesa di un compratore, quadretto di genere che viene acquistato dal noto commerciante ed editore d’arte Ongania; a questo periodo risale anche la tavoletta Partita a tressette, oggi in collezione privata. Nel 1880 espone a Trieste Un’ora di riposo o La famegia Galeto (collezione privata), l’anno seguente invia all’Esposizione Nazionale milanese I pitori xe tuti mati (ubicazione ignota) e L’ultimo ricordo di famiglia e a una esposizione veneziana Partita a tressette. Nel 1882 Da Molin partecipa per la prima volta al prestigioso appuntamento del Salon di Parigi con una variante de L’ultimo ricordo di famiglia.
A questo periodo risalgono anche i primi contatti con case commercianti d’arte straniere come la Goupil & C. e la Oppé & C. di Parigi nonché, più tardi, la H. Kockock di Londra. Nel 1883 espone a Venezia L’ultimo ricordo di famiglia e Sala di un antiquario, a Roma La bona fia, alla Kunstausstellung di Vienna Il segno della fede e Arte e amore. La produzione damoliniana degli anni immediatamente successivi verte soprattutto su ritratti, bozzetti, e opere a carattere episodico-aneddotico come Il saltimbanco, Dal calderaio, Venezia pittoresca e L’amore non invecchia mai.
All’Esposizione Nazionale Artistica che Venezia organizza nel 1887 nei Giardini di Castello egli figura, oltre che con Tristizia, con il dittico Mal nutriti-Ben nutriti (ubicazione ignota), acquistato in seguito dall’imperatore Francesco Giuseppe, opera che suscita l’attenzione di pubblico e critica per la scelta di affrontare un tema sociale così crudo nella descrizione del contrasto tra le classi sociali. Da questo momento in poi l’artista si indirizza verso una pittura verista sempre più rivolta alla denuncia sociale.
Sempre a Venezia, all’Indisposizione Artistica, evento di natura goliardica parallelo al precedente, si fa notare con due parodie, una del celebre dipinto I forzati di Silvio Rotta e una dei suoi stessi Mal nutriti (con cui vince un premio di duecento lire) dove, dove si ritrae con accenti fortemente caricaturali insieme agli amici Luigi Nono e Antonio Dal Zotto. L’anno seguente opere dell’artista figurano al Salon di Parigi e alle esposizioni di Milano e Verona. Partecipa inoltre con Mal nutriti, Venezia pittoresca e Antichità alla Esposizione di Belle Arti di Bologna mentre, nel 1889, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi, quest’ultimo dipinto viene premiato con una menzione onorevole.
Nel 1891 Da Molin è presente con Monte di Pietà alla Prima Esposizione Triennale di Belle Arti di Brera ed invia altre sue opere alla Permanente di Venezia, alla Münchener Jahresausstellung, a una mostra londinese e all’Esposizione Nazionale di Palermo dove propone il dittico Regno della gioia (Piove di Sacco, collezione della Banca di Credito Cooperativo)-Regno del dolore (Padova, Musei Civici-Museo d’Arte). All’Esposizione Italo Americana di Genova del 1892 figurano Barbiere rusticano (collezione privata), Promessi sposi (di cui si conosce una versione quasi identica in collezione privata) e I mal nutriti (collezione privata); quest’ultimo, variante della tela che assieme ai Ben nutriti formava il dittico del 1887, viene premiato con una medaglia d’argento.
L’anno successivo I mal nutriti con Monte di Pietà ottiene all’Esposizione Colombiana di Chicago una medaglia d’oro. Nel 1894 Da Molin espone Monte di Pietà alla Kunstausstellung di Monaco e Tavolozza politica (Piove di Sacco, Banca di Credito Cooperativo) alla Exposiciòn General de Bellas Artes di Barcellona. L’anno successivo invia a Praga nuovamente Monte di Pietà, a Berlino e a Dresda El bocolo de S. Marco (Padova, Musei Civici-Museo d’Arte), a Lipsia Scrivani pubblici, opera poi acquistata dalla Galleria d’Arte Moderna di quella stessa città, a Monaco Antichità e Consolatrix affflictorum (collezione privata), al Salon di Parigi Mal nutriti.
A Venezia, in occasione della Prima Esposizione Internazionale d’Arte, Oreste da Molin, il maestro piovese propone ancora una volta un’opera a sfondo sociale, Diurnisti a due lire. Alla Prima Esposizione Triennale d’Arte di Torino del 1896 partecipa con Scrivani d’affari di Stato e barbieri, una rivisitazione del Settecento veneziano che riscuote molto successo e viene acquistata dal Duca d’Aosta. Il Settecento veneziano è protagonista anche in Cara! Ti xe tanto bela! (collezione privata) dipinto che, insieme a diciotto disegni a penna, viene mandato alla Festa dell’Arte e dei Fiori che si tiene a Firenze tra il 1896 e il 1897. Nello stesso anno l’artista è impegnato sia all’estero (Parigi, Monaco, Bruxelles) che in Italia alla Terza Esposizione Triennale di Milano e alla Seconda Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia.
Qui propone un’opera di forte impatto emotivo, Angoscia (Venezia, Galleria d’Arte Moderna, attualmente in deposito presso il Municipio di Piove di Sacco), acquistata da re Umberto I e donata al Comune della città lagunare per l’allora istituenda Galleria d’Arte Moderna. L’anno seguente, all’Esposizione Nazionale di Torino, invia un Ritratto e Scopriti! Passa un ferito del lavoro! (Padova, Musei Civici-Museo d’Arte) ispirato a un episodio del Cuore di De Amicis. Manda inoltre a Barcellona Mal nutriti, a Parigi il dittico Regno della gioia-Regno del dolore, a Monaco Il giovane poeta. Il 1898 coincide anche con il ritorno del pittore nella città natale, dove rimane sino alla morte, proseguendo la sua attività lontano dai mutamenti e dai fermenti che agitavano l’arte di questo periodo. Viene la Dogaressa (Piove di Sacco, Banca di Credito Cooperativo) e Scopriti! Passa un ferito del lavoro! nel 1889 sono presenti rispettivamente alla Internationale Kunstausstellung di Monaco e al Salon di Parigi, mentre il pastello Ecce homo (collezione privata) viene esposto a Torino.
Oreste da Molin negli anni a seguire
Negli anni a seguire opere di Oreste Da Molin continuano ad essere esposte in numerose mostre di prestigio: nel 1900 alla Esposizione Universale di Parigi (Portrait e Tête de jeune fille), nel 1901 alla Ottava Internationale Kunstausstellung (Blondine, Ecce homo, Bildnis, Adagio con passione, collezione privata) nel 1902 alla Seconda Esposizione di Pittura, Scultura ed Arti Applicate all’Industria di Pietroburgo (Soli al mondo, premiato con medaglia d’argento, Mal nutriti, Viene la Dogaressa), nel 1903 al Salon di Parigi (Soli al mondo che ottiene una menzione d’onore) e alla Internationale Kunstausstellung di Monaco (Risveglio), nel 1904 ancora al Salon di Parigi (Giovani autori, collezione privata), alla Internationale Kunstausstellung di Monaco (Soli al mondo) e alla Esposizione Internazionale di Saint Louis (Mal nutriti, premiato con medaglia di bronzo), nel 1905 al Salon di Parigi (Courage!), nel 1906 alla Esposizione Italiana di Londra (Scopriti! Passa un ferito del lavoro!, Viene la Dogaressa) e all’Esposizione Nazionale di Milano (Giovani autori).
L’anno dopo, a seguito del grande consenso riscosso dalle sue opere nella capitale francese, il pittore è nominato membro della Union Internationale des Beaux Arts et des Lettres di Parigi da Jérôme Maësse. Nel 1910 ben diciannove opere di Da Molin figurano all’Esposizione Agricola-Industriale di Pontevigodarzere e nel 1912 il pittore viene premiato con una medaglia d’oro assegnatagli dal Ministero della Pubblica Istruzione in occasione della Terza Esposizione d’Arte di Rimini dove compaiono un Autoritratto e Gli uomini sono… (Piove di Sacco, Banca di Credito Cooperativo).
L’impegno con l’Internationale Kunstausstellung di Monaco e il Salon di Parigi prosegue anche nel secondo decennio del nuovo secolo. Nella capitale francese Oreste invia nel 1914 il pungente Les héros (collezione privata). Il figlio Ettore nel 1919, in qualità di segretario generale della Fiera Campionaria di Padova, gli commissiona i disegni per la cartolina e la locandina che reclamizzano la Prima Fiera.
Oreste da Molin a Piove di Sacco
L’anno seguente la sua città natale gli rende omaggio organizzando presso il Politeama Sociale una straordinaria personale con circa centocinquanta opere che spaziano dagli esordi sino all’ultima produzione.
La vita di Oreste Da Molin si conclude improvvisamente nel dicembre 1921. Esposizioni postume vengono organizzate nel 1933 presso la Galleria Scopinich di Milano, nel 1939 alla Galleria Materazzi di Firenze, tra il 1955 e il 1956 a Padova dove l’Associazione Pro Padova dedica al pittore piovese la prima di un ciclo di esposizioni incentrate sull’Ottocento padovano, nel 1961 a Piove di Sacco.
Opere di Oreste da Molin sono inoltre esposte nel 1993 alla Quinta Mostra degli Artisti della Saccisica di Piove di Sacco, nel 1996 a Padova, in occasione della mostra della raccolta d’arte della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, tra il 1999 e il 2000, alla Mostra dei Dipinti dell’Ottocento e del Novecento dei Musei Civici di Padova.
Oltre che in numerosissime collezioni private, si conservano opere di Oreste Da Molin presso la sede padovana della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di Cardine Finanziaria, al Museo d’Arte Medioevale e Moderna di Padova, al Municipio di Piove di Sacco e nella collezione della Banca di Credito Cooperativo della stessa città.
Il mercatino dell’usato
Ogni seconda domenica del Mese, il mercatino dell’usato a Piove di Sacco accoglie migliaia di persone da tutto il circondario.
La festa delle Associazioni
Tutte le Associazioni della Saccisica si mettono in mostra ogni anno, a metà settembre. Un momento importante per conoscersi e per far conoscere il valore del Volontariato.
Suca Baruca dal moccolo impissà
Piove di Sacco si tinge d’arancio: la piazza accoglie sculture, composizioni, installazioni a base di…zucca! I numerosi stand gastronomici inoltre sfornano piatti tipici e il tradizionale risotto. La festa si svolge a Novembre e richiama le persone da tutta la Saccisica.
Carnevale a Piove di Sacco
L’annuale manifestazione chiama a raccolta tutte le maschere della Saccisica, oltre che i gruppi che costruiscono carri allegorici coloratissimi e divertenti.
Motoraduno ed Autoraduno
Le due manifestazioni si svolgono tutti gli anni a Piove di Sacco
Figlio naturale del medico Giovan Francesco Beolco, professore presso la facoltà di medicina dell’Università di Padova, ebbe una lunga e proficua collaborazione con l’amico Alvise Cornaro, ricco proprietario terriero e letterato. Autore di numerosi trattati di architettura e di agraria, il Cornaro rappresenta un’importante figura di intellettuale proprio per il carattere “laico” del suo operato. Con l’intento di rappresentare alla corte dei cugini Marco e Franco, cardinali, la realtà del contado, commissionò a Ruzante le due orazioni. Quando conseguì il traguardo di amministratore del vescovato padovano, ridusse l’amico al ruolo di fattore, per poi tornare a rivalutarlo dopo che l’incarico gli era stato revocato.
Il Mistero della nascita di Ruzante
Riguardo alla data di nascita sussistono ancora numerosi dubbi e non è stato ancora possibile rinvenire un documento attestante una data certa di nascita di Angelo Beolco. È vero, tuttavia, che, nel corso degli ultimi trent’anni circa, le ricerche archivistiche (specialmente per merito di due studiosi veneti, Menegazzo e Sambin) hanno permesso di retrodatare progressivamente la nascita di Angelo Beolco, che ora si ritiene possa essere stata intorno al 1496. Il Beolco, infatti, appare come teste in documenti notarili successivi di una ventina d’anni: per farlo doveva, secondo la legge, avere già raggiunto la maggiore età, che all’epoca era di venticinque anni. Se consideriamo che l’atto notarile di delega da parte del padre quale curatore degli affari famiglia risale al 1521, il conto è presto fatto.
È ignoto anche il luogo di nascita, sebbene nella Prima Orazione si legga: de quigi, saìu, che se ciama dotore, perché, se gi è igi do-tore, a’ ghe son mi tre de le tore (di quelli, sapete, che si chiamano dottori, perché, se hanno due-torri, ci sono io che ho tre torri); è al riguardo probabile che richiamasse lo stemma araldico di Pernumia, che reca, appunto, tre torri e che secondo questa interpretazione dovrebbe essere, appunto, il luogo di nascita.
Soggiornò a Codevigo per lungo tempo, durante il quale produsse molte delle sue principali opere
Morì a Padova in casa del Cornaro il 17 marzo 1542. Alvise Cornaro, in un suo scritto, attribuì la morte del Ruzzante ai troppi “disordini” e alle “dissipatezze”, accreditando così l’immagine di un commediografo sregolato, probabilmente non coincidente con il vero. Dal tono della dichiarazione, si intende che il Cornaro ambisse più ad elogiare sé stesso, che non a commiserare l’amico defunto, e che intendesse compiacere anche l’amico Sperone Speroni (il testo è contenuto appunto in una lettera rivolta a lui), che occupava un ruolo di rilievo nella Padova dell’epoca. Il Cornaro, d’altra parte, teorico della vita sobria, arrivò a disporre per sé di essere sepolto “con Ruzzante e messer Giovanni Maria Falconetto”, anche per sottolineare il legame intercorso con i due.
Una lapide funeraria commemorativa è posta nella chiesetta di San Daniele in Padova, mentre nella casa di fronte si individua il sito della residenza padovana dell’autore.
Vuoi saperne di più ? Vedi anche il sito http://www.ruzante.it
Diego Valeri nacque Piove di Sacco, (25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976) da una famiglia borghese
Studiò letteratura esordendo assai giovane, nel 1913, con Monodia d’amore e Le gaie tristezze. Nel 1914 frequentò un corso alla Sorbona di Parigi e, al suo ritorno in Italia, iniziò la carriera di insegnante.
Diego Valeri: la carriera e l’insegnamento
Diego Valeri Fu professore di italiano e latino nei licei e si allontanò dalla scuola solamente negli anni in cui le sue idee antifasciste gli rendevano difficile parlare sinceramente con i suoi alunni.
In quel periodo si impegnò presso la “Sovrintendenza alle Arti di Venezia” che considerava un luogo più appartato.
Contemporaneamente all’insegnamento nei licei, collaborò assiduamente alla rivista Nuova Antologia con una rubrica fissa di letteratura francese in una sezione dal titolo “Note e consegne”.
Su “Nuova Antologia” pubblicò anche traduzioni e numerosi versi che verranno in seguito ristampati con il titolo di Umana nel 1916, di Crisalide nel 1919 e Ariele nel 1924. Queste plaquettes confluiranno nel 1939 nella prima vera raccolta di Diego Valeri con il titolo Poesie vecchie e nuove.
Diego Valeri all’Università di Padova
Nel 1939 divenne ordinario di lingua e letteratura francese presso l’Università di Padova dove in seguito otterrà la cattedra di Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea. A Padova rimase in carica per un ventennio, escluso il periodo dell’occupazione nazista, dal 1943 al 1945, durante il quale riparò in Svizzera come rifugiato politico.
In questo periodo Diego Valeri continuò la sua attività di pubblicista e soprattutto di traduttore sul “Gazzettino”, il “Trivium”, “Lo Smeraldo”, “L’Approdo” .
Nel 1944 uscirà il volume Romanzi e racconti d’amore del Medio Evo francese, nel 1954 quello sugli Antichi poeti provenzali e W.Goethe, Cinquanta poesie e nel 1959 Lirici tedeschi.
Diego Valeri e il suo impegno nella Cultura
Diego Valeri fu anche civilmente impegnato nel campo della cultura aderendo nel 1948, insieme ad altri intellettuali dell’epoca, all'”Alleanza della cultura”. Nel 1950 si recò con Croce al convegno di Berlino e più tardi si impegnò come sovrintendente alle Belle Arti di Venezia.
Per qualche anno, dopo il periodo padovano, insegnò anche nella nuova Università di Lecce, a quei tempi privata.
Dopo il congedo della cattedra visse a Venezia e fece parte della Giunta comunale.
Per maggiori informazioni visita il sito diegovaleri.it
Il casone veneto è la tipica abitazione dei contadini veneti della pianura. Una tipologia molto simile di casone era diffusa fino al XIX secolo anche più a sud, nelle zone della bassa bolognese e ferrarese. In questo caso si trattava soprattutto di misere case di pescatori che lavorano nelle paludi della zona.
La costruzione è spesso priva delle fondamenta e, se esistenti, sono molto semplici, realizzate con materiali di scarto o trovati sul posto. Il pavimento è normalmente in terra battuta, ma può essere piastrellato con mattonelle dette tavełe. Le pareti esterne erano l’unica parte in muratura e su queste poggiava il tetto, molto spiovente, a forma di cono.
Quest’ultimo elemento è sicuramente il più peculiare del casone delle campagne della Saccisica ed è interamente costruito da canne palustri poggianti su travi e legate insieme. Il sottotetto serve da pagliaio e comunica con la sottostante stalla tramite una botola Le pareti interne sono invece formate da graticci e pali poi ricoperti di argilla (consuetudine diffusa anche nelle costruzioni di Venezia). Per la dipintura, la calce è la protagonista, formando la peculiare crosta esterna ruvida propria di ogni casone. Talvolta le finestre delle stanze più grandi danno su un portico rivolto a sud. Il caminetto, molto ampio, si trova a ridosso delle pareti.
- Casone Bianco Ramei
- Casone Bianco Ramei
- Casone delle Sacche
- Casone delle Sacche
- Casone delle Sacche
- Casone rosso di Corte
- Casone rosso di Corte
- Casone rosso di Corte
- Casone rosso di Corte
- Casone rosso di Corte
- Casone rosso – Tetto
- Casone Azzurro – Arzegrande
- Casone Azzurro
- Casone Arzergrande
- Casone Arzergrande
- Casone Arzergrande
- Casone Arzergrande
- Casone Arzergrande
- Casone Arzergrande
Si ignora quando il casone fece la sua comparsa in Veneto. È certo che, sin dall’epoca tardo-romana nella regione c’era l’usanza di costruire ricoveri e magazzini utilizzando frasche e paglia, ma la loro evoluzione definitiva avvenne probabilmente dopo le conquiste della Serenissima. La terraferma, infatti, divenuto ora il “granaio” di Venezia, doveva far fronte al crescente fabbisogno alimentare della capitale e dell’esercito, allorché c’era bisogno di costruire rapidamente molti ricoveri per famiglie numerose, che rappresentavano la manodopera del tempo. Solitamente i proprietari terrieri offrivano ai mezzadri un fondo dove costruivano loro stessi il proprio casone che, inizialmente, era poco più che un capanno abitabile solo durante la stagione agricola. In seguito si andarono evolvendo in strutture più solide e squadrate, con molti elementi in muratura.
Con l’industrializzazione che caratterizzò l’economia veneta a partire dal secondo dopoguerra, i casoni sono andati sempre più scomparendo o si sono trasformati adattandosi a residenze moderne.
Chi abita all’interno del territorio della Saccisica ha la fortuna di poter godere, durante la primavera, del gusto raffinato dell’asparago bianco di Conche (Codevigo). La specie, tutelata dalla Cooperativa C.A.P.O.(Cooperativa Agricola Produttori Ortofrutticoli Conche) prevede durante la primavera un fitto calendario di eventi studiati per divulgare le caratteristiche del prodotto e promuoverlo sul territorio, ma non solo.
L’idea di organizzare una Festa dell’Asparago nasce il 09/03/1989 in un incontro promosso dall’allora presidente della C.A.P.O (Cooperativa Agricola Produttori Ortofrutticoli Conche) Gabriele Renier e dal Perito Agrario Sig. Giacinto Tramonte con illustri rappresentanti di Istituti di ricerca e di importanti realtà produttive dell’epoca, parallelamente alla nascita del marchio dell’Asparago di Conche.
La Festa, che si svolge nel periodo che va dalla fine di Aprile ai primi di Maggio, vuole proprio essere un metodo di valorizzazione dell’Asparago di Conche. Inoltre, durante la manifestazione, vengono organizzati eventi quali mostre d’auto d’epoca, canine, dimostrazioni di arti marziali e di boxe, ed usanze tipiche del territorio di Conche.
Un uso particolare della carne di cavallo è la carne sfilata o sfilacci. Le fette sottili di carne magra della coscia vengono tenute sotto sale per 15 giorni e affumicate lasciandole appese al camino per circa un mese. Una volta asciutte e dure si battono con un martello e si sfilano in tanti piccoli tranci.
La leggenda narra che il prodotto sia nato casualmente dopo che un contadino avendo messo sul focolare alcune fette di carne di cavallo e sbagliando i tempi dell’asciugatura, si sia ritrovato con un prodotto troppo secco. Pur di non buttare la preziosa carne, l’aveva battuta e sfilacciata e accompagnata con l’immancabile polenta, scoprendo così un nuovo prodotto. È probabile che gli sfilacci siano nati davvero casualmente, anche se col tempo è andata affinandosi la tecnica di affumicatura migliorando il sapore della carne oggi molto apprezzata. Gli sfilacci di cavallo sono un prodotto tipico della provincia di Padova e soprattutto della bassa padovana, dove l’allevamento equino ha una lunga tradizione. Gli sfilacci di manzo nascono negli anni sessanta del secolo scorso dal tentativo di produrre un alimento simile a quello di cavallo, ma con un gusto meno deciso e più gradevole per la maggioranza dei consumatori.
Gli sfilacci di cavallo sono prodotti con carne di cavallo essiccata e sfilacciata. Si presentano come filamenti di carne di colore rosso scuro e vengono venduti in confezioni sottovuoto o sfusi. Al palato presentano una leggera affumicatura e un gusto saporito. Quelli di manzo invece si presentano di colore rosso-rosato e hanno un gusto leggermente affumicato e un gusto saporito ma più delicato rispetto agli sfilacci di cavallo.
Gli sfilacci di cavallo vengono prodotti a partire dalla carne magra del cavallo o del manzo (solitamente la coscia). Questa viene tagliata in fette sottili e lasciata in salamoia per circa 8 giorni. Dopo questo periodo le fette vengono cotte a vapore e fumo in apposite stanze (o appese al camino di casa per le produzioni familiari) per un periodo variabile dagli 8 ai 30 giorni. Una volta asciutte e dure si battono con un martello e si sfilano manualmente in tanti piccoli tranci o sfilaccetti per poi essere avviate alla commercializzazione.
Gli sfilacci vengono solitamente consumati assieme alla polenta oppure conditi con olio, sale e limone. In alternativa sono utilizzati come ingrediente per salse, sughi o nella pizza.
Il loro leggero gusto affumicato li rende ideali per arricchire delle insalate, è perfetto con la rucola e assieme a formaggio fuso è un ottimo condimento per gli gnocchi e la polenta.
Con il passare del tempo, nella zona della Saccisica, si è passati a una progressiva selezione delle piante fino a creare delle varietà con caratteristiche e tipologie proprie che sono facilmente identificabili e molto rassomiglianti al famosissimo radicchio rosso di Chioggia.
La Frazione di Conche (Codevigo), già famosa per l’asparago, è altresì rinomata per la coltivazione del radicchio che viene effettuata su larga scala.
Le origini della coltivazione del radicchio risalgono circa alla metà degli anni cinquanta, grazie agli ortolani chioggiotti che avevano esteso i loro possedimenti in queste zone.
In breve tempo gli agricoltori di Conche hanno saputo sfruttare la nuova tipologia di ortaggio selezionando di volta in volta i migliori esemplari fino ad ottenere un’ottima produzione, sia in termini qualitativi che quantitativi. Il rapido espandersi della coltura è da ricercarsi nella compatibilità del terreno,nonché da esigenze economiche e inoltre incoraggiati dal successo che avevano ottenuto i vicini ortolani chioggiotti.
Pochi anni dopo la nascita della Festa dell’Asparago, parallelamente a questa, è nata, con l’intento di valorizzare l’altro prodotto chiave della zona di Conche e Chioggia, la Festa del “Radecio”. Attiva nel periodo di Ottobre, come per la Festa dell’Asparago, durante la festa vengono organizzate manifestazioni e mostre.
Se avete letto la sezione del sito che riguarda il Comune di Polverara, non potrete non aver letto dell’esistenza di una razza autoctona di galline, nominata sin dal 1560, che viveva nelle zone di Polverara, chiamata anche “Sciata”.
All’interno della Saccisica, questa presenza risulta oltremodo interessante, visti i caratteri estremamente caratteristici di questa razza rispetto alla ben più conosciuta “Gallina Padovana”. Innanzitutto, la “Gallina Polverara” è estremamente rustica e quindi molto resistente alle malattie ed alle intemperie. Questo animale ha sempre vissuto all’aperto, dormendo sui rami degli alberi e cibandosi con ciò che l’ambiente circostante era in grado di offrire. Questo spiega altre caratteristiche peculiari della razza “Gallina Polverara”: Il ciuffo di modeste dimensioni che non copre gli occhi: permette di individuare meglio il cibo sul terreno degli esemplari in libertà.
- La carne scura: il cibo preferito dalla “Gallina Polverara” era in origine la ghianda di rovere che si trovava in abbondanza nelle zone attorno a Polverara.
- Il carattere selvaggio: la razza era abituata ad essere molto “indipendente”, si pensi che addirittura dormiva sui rami degli alberi…
- Il portamento: “fiero e provocante”: La “Gallina Polverara” è oggetto di notevole attenzione qui in Saccisica, molte sono infatti le manifestazioni e le iniziative promosse dal Comune di Polverara e dal coordinamento dei Comuni della Saccisica, volte alla promozione e al miglioramento/incremento della razza
La Saccisica offre una varietà paesaggistica molto ampia (dalla terra al mare) e conseguentemente offre una gran quantità di specie agricole che, sapientemente lavorate dalle mani dei contadini e delle nonne prima e dagli chef oggi, ci regalano ogni giorno piatti poveri, ma dai gusti sinceri e molto caratteristici.
La Saccisica ha da sempre espresso cultura, arte, paesaggio e personaggi di altissimo livello artistico, sociale ed economico.
Sant’Angelo di Piove di Sacco si trova all’interno della SS Romea che congiunge Padova a Piove di Sacco. Il suo nome deriva molto probabilmente dal culto della popolazione locale per S.Michele Arcangelo, Santo Patrono.
Il centro di S.Angelo si sviluppa attorno alla piazza principale davanti alla Chiesa: Molto importanti sono anche i monumenti che si trovano nelle frazioni: L’oratorio di S.Marco a Celeseo e la chiesa di S.Giacomo, fondata nel 1322.
L’edificio è della fine ‘800. La Chiesa dedicata a S.Michele Arcangelo è documentata sin dal 1198. All’interno cinque altari ne impreziosiscono la struttura. In quello Maggiore sono visibili delle statue lignee del settecento. Oggi S.Angelo è diventato un centro in cui si insediano molte aziende dei più disparati settori merceologici.
Storia
Sant’Angelo è conosciuta sin dal 1080, grazie a un documento che attesta i diritti del Vescovo di Padova su questa zona. Molto antiche sono anche le frazioni menzionate sin dal 1200. Il Comune di Sant’Angelo ha origini romane visto il gran numero di ritrovamenti archeologici nella zona. Il territorio fu di proprietà del Vescovo di Padova sin dall’897, grazie ad una donazione di Berengario, re d’Italia. In quel periodo, i pescatori di Sant’Angelo erano obbligati a rifornire il Vescovo di abbondante pesce fresco, pescato nella antica zona di “Chiusadoneghe”, una estesa superficie d’acqua forse vicina a Liettoli. Durante l’età dei Comuni, Sant’Angelo passò sotto la podestaria di Campolongo Maggiore.
Successivamente, la proprietà della zona fu di varie famiglie nobili, le stesse che si “spartivano” i restanti territori della Saccisica. La storia di Sant’Angelo pur segnata successivamente da grandi epidemie dovute alla scarsa igiene dei casoni e delle condizioni di povertà della popolazione, fu caratterizzata dalla devozione dei cittadini per il loro Vescovo. Le terre, lavorate con cura, producevano derrate agricole e contribuirono a creare un clima di tranquillità all’interno del territorio e tra la popolazione.
Pontelongo deve il suo nome ad un lungo ponte sulla via romana Padova-Adria che attraversava la Fossa Clodia (l’attuale Bacchiglione) e altri piccoli corsi d’acqua. Il centro del Paese è diviso in due dalle rive fiume Bacchiglione.
Da un lato la Chiesa Parrocchiale di Sant’Andrea (riva destra) dall’altro il nucleo abitativo vero e proprio e i servizi del Comune. Sulla riva sinistra molto interessante è Palazzo Foscarini.
Particolarmente sentita in tutta la Saccisica e nelle zone limitrofe è la “festa del voto” che si tiene durante la prima domenica di maggio per ringraziare il Signore della scomparsa della peste. In occasione della festa, una statua raffigurante la Madonna del Voto viene portata a piedi nudi dai fedeli per le vie di Pontelongo e su un ponte di barche che attraversa il fiume Bacchiglione. Oggi Pontelongo è un Comune ricco di aziende che operano in diversi settori. E’ rimasta la vocazione per l’agricoltura, grazie anche alla presenza dello zuccherificio appena fuori dal centro abitato.
Storia
Il primo documento scritto che parla di Pontelongo è un atto di donazione di territori in Pontelongo al monastero di Candiana datato 1097.
La storia di Pontelongo è sempre stata condizionata dalla importanza strategica che il lungo ponte sul Bacchiglione aveva per i traffici, i trasporti e la comunicazione in generale. Il fiume tagliava in due il paese, tanto che gli abitanti della riva sinistra (Pontelongo “de sora”) dipendevano dal punto di vista amministrativo dal comune di Piove di Sacco.
Il fiume è da sempre stato anche fonte di ricchezza e di benessere grazie alla attività di trasporto delle derrate agricole dalle campagne alle città (Venezia e Padova) con barche trainate da cavalli. Come in tutto il territorio, attorno al 1600 Pontelongo fu investita da una serie di epidemie e questo fece diminuire la popolazione e la produzione. In epoca più recente, Pontelongo fu molto importante per lo zuccherificio e per la sua posizione strategica. Proprio per questo fu oggetto di pesanti bombardamenti verso la fine della seconda guerra mondiale.
Da Legnaro, andando verso Bovolenta si trova Polverara. Il nome deriva da “Popillaria”, quindi si pensa possa attenere alla Via romana “Popillia” che portava ad Adria. Il centro della Città si affaccia sulla Via principale, un po’ come in tutte le città della Saccisica.
Qui troviamo la chiesa Parrocchiale di S.Fidenzio eretta nel 964 proprio nel luogo di ritrovamento del corpo del Santo. L’odierna costruzione risale al 1899. Uscendo dal centro della Città, in zona isola dell’Abbà, troviamo altri monumenti importanti: la Chiesa (1172) dedicata a S.Leonardo, e Villa Rezzonico, restaurata recentemente.
Passando invece agli aspetti economici della Città, Polverara è un centro prevalentemente agricolo: molto interessante è quindi sapere che qui si alleva una razza di galline autoctona. “La gallina di Polverara“, nera, molto più grande delle altre, viene nominata sin dal 1500 ed immortalata anche nello stemma Comunale.
Storia
Di Polverara si parla per la prima volta in un documento risalente al 1130 in cui il Vescovo di Padova, Bellino, conferma il possesso della chiesa di S.Fidenzio alla cattedrale di Padova. La leggenda narra che la chiesa fu fatta erigere nel luogo esatto in cui fu ritrovato il corpo di S.Fidenzio, indicato dal Vescovo Bellino dopo una visione.
La presenza di ben tre Monasteri (S. Margherita, S.Maria e S.Agnese) sin dall’anno mille testimonia l’importanza del monachesimo nelle immediate vicinanze del Padovano.
Nel 1276 Polverara diventò podestaria. Da questo periodo in poi iniziarono le guerre, le devastazioni e i danni derivanti dal “pensionatico” cioè dalla pratica del pascolo libero, anche all’interno delle proprietà private, dei greggi dei pastori vicini.
Il territorio, complice anche la vicinanza con molti fiumi, fu spesso oggetto di inondazioni e di tempeste anche in epoca più recente.
Il comune di Piove di Sacco si trova a metà strada tra Padova e Chioggia. Esso si compone del centro cittadino e di quattro frazioni: Corte, Arzerello, Piovega e Tognana. Si tratta di uno snodo viario molto importante, la lunghezza totale delle strade nel comune è di 59,76Km. E’attraversato dalla SS Romea ed è molto vicino al collegamento con la strada dei Vivai che collega direttamente Padova al Mare passando per la Zona industriale.
Piove di Sacco offre una moltitudine di bellezze paesaggistiche ed architettoniche tuttora ben conservate.
Storia
Il territorio di Piove di Sacco era abitato probabilmente già in età paleoveneta e divenne sotto i romani un importante nodo stradale e fluviale. Infatti per Plebs Sacci passavano la Via Popilia-Annia e i fiumi Bacchiglione e Brenta. In epoca longobarda la città divenne sede di un’arimannia, nell’VIII secolo passò sotto il dominio dei carolingi per diventare poi, grazie alla donazione di Berengario I al vescovo Pietro dell’897, territorio del vescovado di Padova, periodo in cui venne fortificata con i terrapieni i quali caratterizzano ancor oggi l’aspetto a forma di quadrilatero. Nel ‘300 divenne appannaggio dei signori di Padova, i Carraresi, i quali completarono le fortificazioni con la costruzione di torrioni alle porte di accesso, ma mantenendo comunque l’impianto originario a forma di rettangolo.
Piove di Sacco durante il periodo Veneziano
Il giorno 3 gennaio del 1405 Francesco Zabarella offre al doge Michele Sten la bandiera, il sigillo e le chiavi della città di Padova: da questa data ha termine la Signoria Carrarese e inizia la dominazione della Repubblica Serenissima su tutto il territorio padovano che durerà per 4 secoli, fino al 1797. La città di Piove di Sacco si trova in condizioni disastrose a causa delle alluvioni, delle epidemie e dei saccheggi. All’inizio del XVI secolo altri lutti e miserie si verificarono tra le popolazioni della campagna a causa della guerra della Lega di Cambrai che, dopo fasi alterne, vede la vittoria di Venezia nel 1513. Durante questo conflitto Piove di Sacco fu saccheggiata e devastata. Tornata la normalità, i Veneziani cominciarono ad acquistare grandi fondi agricoli nel territorio padovano e verso la metà del Cinquecento iniziarono le prime operazioni di bonifica dei terreni paludosi. Si formarono i “Consorzi delle sette prese” e il Piovese fu conglobato nella “Sesta presa” che si estendeva su 60.000 ettari di territorio. Agli inizi del Seicento, Piove di Sacco finalmente ottenne dal Senato Veneziano il permesso di realizzare una Botte sifone a Conche e in un secondo momento a Corte, le quali avevano la funzione di far affluire le acque di bonifica nella laguna. Anche il centro del paese si ingrandisce e cambia con la costruzione dei principali edifici pubblici; attorno a questi sorsero eleganti costruzioni abitate dalla ricca borghesia. Nel 1591 fu posto in piazza un basamento in marmo che era destinato a sostenere lo stendardo del Comune nei giorni di festa. Il diciassette novembre 1491 il Doge concesse di istituire il Monte di Pietà. Fino al quel tempo lo avevano gestito gli ebrei ma d’ora in poi lo avrebbero fatto i frati. Pochi mesi dopo l’inaugurazione avvenne anche a Piove. Per questo il Consiglio della Comunità decise di creare una sede dove depositare i beni del Monte e i libri della contabilità. Ogni anno si eleggevano otto Conservatori del Monte e il loro compito era quello di “conservare” le chiavi della cassa e indurre la persone a donare offerte. Il Massaro (altro funzionario), veniva nominato dal Podestà e prestava il denaro alla gente in cambio dei pegni (oggetti di valore). Nel 1801 a causa di una gravissima crisi finanziaria, il capitale si svalutò. Il Monte venne chiuso e fu soppresso definitivamente nella seconda metà del XIX secolo. Durante la dominazione veneziana i traffici si effettuavano tramite corsi d’acqua, viste le condizioni delle strade. Nel 1483 venne istituito il traghetto che collegava Piove con Venezia. I ‘’Burchi’’, i traghetti per Venezia partivano dopo la messa al Duomo e chi doveva trasportare merci, doveva portarle il giorno prima a Corte per l’attracco. Nel 1721 venne aperto il canale che congiungeva Corte a Lova e ai barcaioli di Piove veniva dato il permesso di navigarlo. Nel periodo di dominio veneziano, Piove di Sacco era il centro della Podesteria che comprendeva il territorio della Saccisica. Il Podestà era colui che governava il castello e le ville che facevano parte della Podestaria di Piove di Sacco. Era dovere del Podestà vigilare sugli affari e sulle cose pubbliche facendo applicare le leggi di Venezia; per questo era scelto dalla Repubblica di San Marco tra i suoi più prestigiosi patrizi. Quanto detto vale per il territorio della Podesteria, cioè dell’intera Saccisica, mentre il castello (il centro) di Piove di Sacco era governato dal Consiglio Generale della comunità, formato da tutti i capifamiglia che avevano il compito di eleggere annualmente il Sindaco, il Canipario, i Consoli, i Consiglieri e altri pubblici ufficiali. Il Sindaco rappresentava la comunità di fronte a qualsiasi persona, comune e luogo dove si trovasse, aveva inoltre poteri amministrativi e di nomina di giudici e notai. Nei quattro secoli di dominazione veneziana il problema più sentito dalla popolazione fu la peste, che inferì più volte apportando lutti e miserie. La peste del 1576 fu a lungo ricordata per le moltissime vittime che provocò nel Padovano. Ben più grave fu la peste del 1631 in cui nella sola Padova persero la vita ben diciottomila persone. Quando anche a Piove la peste cominciò a colpire puntualmente la cittadinanza, fu deciso di fare una processione fino alla chiesa di S. Rocco. La peste continuò crudele a fare vittime su vittime. Il registro mortuario di Piove registrò ben 362 decessi in tre anni di peste. Il 26 aprile 1631 Consiglio della Comunità decise di chiedere aiuto alla Madonna, e il 6 maggio ci fu la processione verso la chiesa della Madonna delle Grazie: ancora oggi si ricorda e si ringrazia la Madonna con la solenne processione del 6 maggio.
Piove di Sacco durante l’occupazione francese e il dominio austriaco
Il tempo trascorre nei secoli XVII e XVIII senza grandi eventi. Va registrato tuttavia un lungo ed inesorabile scivolamento di Venezia che trascinò nella sua decadenza tutti i territori del proprio dominio. Nel 1797, infatti, la Repubblica di Venezia viene invasa dagli eserciti di Napoleone Bonaparte. Così dopo quattro secoli di dominazione veneziana i francesi e gli austriaci si avvicendarono il potere. In questo periodo di passaggio da un dominio all’altro, ci fu una crisi economica generalmente dovuta alle continue guerre e ai danni causati dai saccheggi delle truppe. A questa situazione si aggiunsero altre calamità come siccità, alluvioni, diffusione del vaiolo, che andarono a peggiorare ulteriormente le condizioni di vita di quel tempo. Durante l’occupazione francese il territorio fu diviso in dipartimenti e Piove di Sacco andò a far parte di quello “della Brenta”. Vengono sistemati gli argini del Bacchiglione e si procede alle rettificazioni del corso del Brenta. Viene formato il catasto napoleonico, con cui si cominciarono a rilevare i valori delle terre. Nel 1810 venne soppressa la Collegiata di Piove; la parrocchia fu privata di tutti i beni terrieri che possedeva e la borghesia si affrettò ad acquistare le terre della chiesa messe all’asta. Nel 1813 finì il dominio dei Francesi al quale subentrò quello degli Austriaci sancito dal Congresso di Vienna nel 1815. Iniziava un periodo di trasformazioni che avevano lo scopo di risanare, riorganizzare, e riordinare l’ambiente. Per primo fu iniziato lo scavo di un canale che da Stra giungeva fino a Corte, poi si dovette sistemare la rete stradale, utilizzando i materiali ricavati dalla demolizione della Torre Rossi (1820) e della Torre Panico (1827). Tra il 1820 e il 1833 il centro di Piove cambiava aspetto; nelle campagne venivano intraprese le bonifiche che diedero lavoro a molti disoccupati. Dopo la prima guerra d’indipendenza nel 1848, al ritorno degli Austriaci, ci fu un episodio violento: cinque uomini furono fucilati a Piove con l’accusa di aver partecipato all’insurrezione. Il governo asburgico impose alla popolazione nuove tasse; nelle campagne si verificò un periodo di carestia, ci fu la pellagra e una nuova epidemia di colera.
Piove di Sacco nel regno d’Italia
Nel luglio del 1866 (terza guerra d’indipendenza) si compì l’annessione al Regno d’Italia e con questa il Veneto dovette cambiare il suo aspetto sociale, economico e amministrativo. Nella mentalità borghese entrò una certa diffidenza e indifferenza nei confronti della Chiesa e delle religioni; i contadini ebbero più difficoltà nel trovare lavoro; i braccianti spesso non avevano casa e cibo, perciò in estate cercavano lavoro di mietitura e trebbiatura, mentre nei mesi invernali e primaverili facevano i manovali per i lavori di sterro e canalizzazione dei dintorni. A causa delle durissime condizioni di vita della popolazione, nell’Ottocento si ebbe un aumento di furti: legna, fieno, frutti, animali da cortile. La vita media dei contadini nel 1876 era calcolata sui trent’anni, era altissima la mortalità infantile, imperversavano malattie come la malaria, la pellagra e la tubercolosi. Molti tentarono la via dell’emigrazione, soprattutto transoceanica: nel 1888 lasciarono il Piovese 1548 persone che andarono verso il Brasile e l’Argentina. Nel 1890 fu costruita la linea ferroviaria Piove di Sacco-Padova per cercare di dare uno stimolo alle attività economiche. Verso la fine del secolo si fece strada l’idea di sistemare ancora una volta il Duomo. Durante la sua storia il Duomo aveva avuto alcune modifiche e ampliamenti; a quel tempo era di stile romanico-lombardo ma si presentava ormai cadente. Fu così che il 23 marzo 1893 l’arciprete Coin annunciò di voler abbattere la chiesa e di procedere ai lavori di ricostruzione contando sull’aiuto della popolazione. Il progetto fu assegnato all’ing. Francesco Gasparini. La chiesa fu terminata nel 1908. In quel periodo furono abbattuti alcuni edifici ed altri furono rinnovati, tanto che scomparvero quasi del tutto le radici antiche della cittadina. Nel 1904 ci fu uno sciopero generale contro le scelte economiche del governo, a questo sciopero aderirono anche i cattolici; nel 1908 nacque ” La Difesa del Popolo” che ebbe larga diffusione anche nel Piovese. Nel 1915 l’Italia entrò nella prima guerra mondiale. In questo periodo ci fu un impoverimento generale che colpì anche le nostre zone, tanto che nello stesso anno a Piove cinquemila disoccupati occuparono il Municipio. Il paese versò il suo tributo di vite umane al conflitto: i nomi dei caduti piovesi furono scolpiti sulle lapidi del palazzo Comunale. La situazione del primo dopoguerra si presentò subito gravissima da un punto di vista economico sociale. In questo contesto di disoccupazione , di povertà e di disagio si fece strada il Fascismo. Nel 1921 la sezione del fascio di Piove di Sacco venne fondata tra le prime in provincia di Padova. Il fascismo si diffuse rapidamente, in pochi mesi. Soppresso il pericolo dei comunisti, tutte le associazioni antifasciste dovettero chiudere. A seguito della marcia su Roma (1922) il partito Fascista conquistò il potere. Dopo un iniziale periodo di smarrimento il fascismo visse gli anni del “consenso” per le opere pubbliche e assistenziali che furono realizzate. Il suo fallimento fu nella seconda guerra mondiale e la Saccisica diventò il centro d’azione di diverse brigate partigiane: il nucleo “Marziano”, la brigata “Maurizio Martello”, una compagnia detta “Guido Negri” più sviluppata a Sant’Angelo, la “Garibaldi” a Bojon e in altre zone.
Piove di Sacco dal dopoguerra ad oggi
Nel dopoguerra la popolazione visse ancora un periodo di grosse difficoltà e ristrettezze economiche, ma seppe reagire con operosità e iniziativa. Negli anni sessanta cominciò a cambiare tutto, dall’agricoltura all’industria, con sviluppo e modernizzazione sempre più accelerati. La campagna fu in parte abbandonata, ma chi rimase introdusse colture specializzate e più remunerative; nelle frazioni della cintura urbana iniziarono a sorgere le prime zone industriali. La Saccisica è diventata un’importante area di insediamenti industriali e di attività commerciali e artigianali, ma esiste ancora un certo legame con le tradizioni contadine.
Tra Padova e Piove di Sacco, in direzione sud, si trova Legnaro. Il nome deriva da Lignarium forse per la grande produzione di legna tagliata fuori dai centri abitati.
I principali monumenti sono: la Corte Benedettina, di epoca cinquecentesca, centro di opere di bonifica del territorio, Villa Morassutti e le chiese. La chiesa arcipretale, dedicata a San Biagio è ricordata sin dall’828 ed è stata ricostruita varie volte.
Tra Legnaro e Polverara, in frazione Volparo esiste una chiesetta campestre intitolata a S.Maria Assunta, risalente al 1333. Legnaro è da tempo uno snodo commerciale ed industriale molto importante, vista la vicinanza con Padova e con le principali direttrici di traffico della zona. Inoltre, appena fuori dal centro abitato c’è il distaccamento dell’Università di Padova ed una estesa zona industriale e artigianale.
Storia
Di Legnaro si parla per la prima volta in un documento dell’828 che conferma al Monastero di S.Giustina (Padova) il possesso dei beni in quel territorio.
In realtà, il territorio era abitato sin dall’epoca romana, successivamente con la caduta dell’impero e il conseguente abbandono, l’ambiente divenne paludoso e ostile all’uomo, ma estremamente ospitale per le Volpi (di qui Volparo) e gli Orsi (di qui gli scoli Orsaro e Orsaretto).
Dall’anno mille in poi, comincia la ripresa grazie al Vescovo di Padova e all’ordine dei Benedettini che si condividevano i territori di Legnaro. Dal ‘400, la zona conquistata dai Veneziani fu oggetto di una profonda opera di bonifica grazie ai monaci Benedettini che riuscirono a migliorare di molto le condizioni del territorio, organizzando una vera e propria “azienda” di tipo agricolo. Questa florida situazione durò fino alla venuta di Napoleone che requisì i beni dei monaci salvo poi perderli a favore dell’Austria.
Correzzola, comune più a sud della Saccisica, è un paese dalla storia molto importante, sin dall’epoca romana. Qui le testimonianze della civiltà latina sono molto numerose, vista anche l’importanza che hanno avuto per la crescita economica e sociale della popolazione.
Correzzola e la sua Corte Benedettina
Sicuramente il monumento più importante ed interessante è la Corte Benedettina: complesso di edifici che sono serviti ai monaci per fissare il centro della loro attività di valorizzazione del territorio.
Storia
Il territorio dell’attuale comune di Correzzola sembra aver avuto una sua identità sin dall’epoca Romana, visti i numerosi ritrovamenti archeologici nella zona. Documenti certi si hanno però solamente più tardi, attorno al 950, e, successivamente attorno al 1070. Si tratta per lo più di atti di donazione di beni.
Molto più importante è l’atto d’acquisto (1129) da parte dei monaci benedettini di Padova di terreni siti in Concadalbero. Da allora infatti, il territorio profittò dell’opera dei monaci che gli diedero una prima sistemazione. L’attività si arrestò bruscamente a causa di invasioni e accadimenti naturali che riportarono il territorio alla precedente situazione.
Correzzola durante il ‘400
Dal ‘400 in poi, i monaci, in un clima di maggiore tranquillità, riuscirono a riorganizzare i progetti di bonifica del territorio, fu studiata una nuova rete idrica formata da un sistema di canali e argini per difendere i terreni dalle inondazioni, il territorio fu diviso in possessioni e l’amministrazione di queste fu affidata a cinque “gastaldie” ognuna delle quali provvista di una propria Corte.
Questo nuovo ambiente favorì di certo la crescita demografica, il reperimento di forza lavoro e l’aumento della produzione agricola, almeno fino a tutto il 1600. Da allora, a causa della scarsa attenzione per la rete idrica, le inondazioni furono numerose e portarono epidemie e diminuzione della produzione e della popolazione.
Questo fu favorito anche dai continui “passaggi” della proprietà dei territori di Correzzola, finiti sequestrati dagli Austriaci.
Correzzola nell’epoca dei Melzi
Verso il 1820, il nuovo proprietaro dei terreni, il Duca dei Melzi, ritentò il risanamento della zona, liberandola dall’acqua stagnante, migliorando le attività agricole e l’allevamento. Si introdusse il baco da seta. Molto quella famiglia fece per la valorizzazione del territorio, addirittura intervenne affinchè la ferrovia per Adria passasse per Correzzola. Alla fine della prima guerra mondiale tutte le proprietà dei Melzi furono vendute.
Altre informazioni
Codevigo è un antico centro posto a sud della zona della Saccisica, da far risalire forse all’epoca romana.
Il suo nome deriva da “Caput Vici”: si suppone quindi che fosse a capo di altri villaggi limitrofi. Codevigo è il comune dalla superficie più grande della Saccisica e arriva a estendersi sulla laguna, un paesaggio formato da luoghi misteriosi, canalizzazioni, barene, piccole isole, angoli silenziosi e occultati ai più.
Il centro della città è appena più all’interno della SS dei Pescatori che collega Piove di Sacco a Chioggia-Sottomarina. Qui oltre che trovare le attività commerciali ed i servizi, troviamo la chiesa di S.Zaccaria, datata 1173, le cui linee attuali (cinquecentesche) si devono al Falconetto. Davanti alla facciata è presente il monumento ai caduti.
- Chiesa di Codevigo
- Monumento ai Caduti
- Codevigo S. Zaccaria
- Centro di Codevigo
- Museo dell’Idrovora
- Cavana in Conche
- Cavana
- Laguna a Conche
- Laguna a Conche
- Laguna a Conche
- Barena a Conche
- Cavana a Conche
- Casone delle Sacche
- Casone delle Sacche
- Casone delle Sacche
Oggi Codevigo è un centro che pur essendo legato alle attività tradizionali (agricoltura e commercio) ha sviluppato grosse potenzialità nel settore industriale ed artigianale.
Storia
Il primo documento in cui appare Codevigo è datato 988. Si tratta di una donazione al monastero della SS Trinità di Brondolo di beni del luogo “Caput de Vicco”.
Nel corso degli anni il nome è documentato diversamente, prima in “Caput de Vico”, successivamente in “Caput de Vigo”, “Capo de Vigo” e, infine, “Codevigo”. Dal 1173 si ha testimonianza della Chiesa dedicata a S.Zaccaria Profeta, dipendente dalla Pieve (chiesa madre con fonte battesimale) di Piove di Sacco. La chiesa attuale, cinquecentesca, fu commissionata al Falconetto dai Cornaro, famiglia che ha inciso profondamente sullo sviluppo di Codevigo. Alvise Cornaro infatti fu il promotore di importanti progetti di bonifica del territorio, sottraendo terre all’acqua e alla malaria, favorendo l’incremento demografico, lo sviluppo delle costruzioni e dell’agricoltura. Durante lo stesso periodo, soggiornarono ricchi signori e anche Angelo Beolco, detto il Ruzante, che forse a Codevigo ideò la maggior parte delle sue opere teatrali. Il territorio passò successivamente ai Foscari di Venezia.
La dominazione austriaca migliorò di molto le comunicazioni all’interno della Saccisica e anche Codevigo ne beneficiò. La Sua posizione , tra Padova e il mare, a ridosso di un fiume, il Brenta, fu strategica durante le guerre mondiali. Codevigo, come altri paesi della Saccisica, fu teatro di scontri, anche molto cruenti e sanguinosi, spesso anche fra concittadini.
Arzergrande
- Sito ufficiale: http://www.comune.arzergrande.pd.it
Bovolenta
- Sito ufficiale: http://www.comune.bovolenta.pd.it
Brugine
- Sito ufficiale: http://www.comune.brugine.pd.it
Codevigo
- Sito ufficiale: http://www.comune.codevigo.pd.it
Correzzola
- Sito ufficiale: http://www.comune.correzzola.pd.it
Legnaro
- Sito ufficiale: http://www.comune.legnaro.pd.it
Piove di Sacco
- Sito ufficiale: http://www.comune.piovedisacco.pd.it
Polverara
- Sito ufficiale: http://www.comune.polverara.pd.it
Pontelongo
- Sito ufficiale: http://www.comune.pontelongo.pd.it
Sant’Angelo di Piove di Sacco
- Sito ufficiale: http://www.santangelopiove.net
Questi, a partire dall’epoca di Augusto, pongono mano al paesaggio inizialmente con la creazione di Vie Consolari e di “fosse”, per permettere un più facile attraversamento del territorio, e definitivamente con la fondazione di una colonia. Molte località presentano comunque nomi di origine romana: si pensi ad esempio a Codevigo, Corte, Polverara, Vallonga, Villa del Bosco.
Da dove deriva il nome Saccisica? Leggi l’origine del nome Saccisica
L’equilibrio e l’ordine raggiunti durarono ben poco, non solo a causa della decadenza dell’Impero, ma anche per le continue invasioni delle popolazioni “barbare”, che terrorizzavano e scacciavano dai territori gli abitanti; inoltre, gli straripamenti dei fiumi molte volte cancellavano quasi interamente vaste zone di campagna, rendendole paludi acquitrinose. Molte località invece, una volta rimaste deserte, si coprirono di foreste: lo si evince da documenti rimasti ma soprattutto dalla toponomastica, che ci propone nomi come Concadalbero o Villa del Bosco.
Dopo una parentesi di dominio longobardo, la Saccisica, il cui centro era molto probabilmente costituito da Corte, entra nell’età feudale con l’inevitabile frazionamento in tante proprietà. Nell’ 897 la Corte di Sacco è donata al Vescovo di Padova, il quale a sua volta ne cede parti a signorotti e ad altri ordini religiosi. E’ da questo periodo che si costruiscono torri e castelli sempre più numerosi, che fungono da mezzi di difesa e da simbolo di potere e forza al tempo stesso; sono i documenti che ci parlano dei vari castelli, come quello di Concadalbero o di Legnaro nel 1234, o ancora quello di Brugine, su cui si pensa sia stata costruita Villa Roberti.
Saccisica Durante il Medioevo
Accanto a mura e torri, sorgono durante il Medioevo chiese, chiamate anche pievi, matrici o arcipretali. Nel territorio di Sacco ad esempio, erano presenti le pievi di S.Martino a Piove, S.Biagio a Legnaro, S.Tommaso a Corte.
In seguito alle pievi nascono poi in città e nei dintorni tra l’XI ed il XII secolo gli ordini monastici, voluti e sostenuti da potenti famiglie.
Durante il 1200 nel territorio di Piove cominciano ad essere numerose le presenze dei benedettini “albi” (dalla veste bianca): a Pontelongo con il monastero di S.Giovanni, a Piove di Sacco con quello dei Santi Vito e Modesto, oltre che a Polverara e a Brusadure. Dalla metà del 1200 si diffonde anche l’ordine francescano.
Oltre al potere ecclesiastico, spirituale ma soprattutto politico, anche nella Saccisica sorgono nell’età dei feudi libere associazioni di cittadini: perciò, dopo che Bovolenta e i paesi vicini si costituiscono comune nel 1141, anche Piove di Sacco si costituisce tale, pur rimanendo sotto il dominio del Vescovo. Nel 1276 la Saccisica è governata da un Podestà e Padova impone a tutto il territorio i suoi statuti, tollerando comunque eccezioni, come nel caso di Piove. Sono molti gli sforzi per favorire le comunicazioni: si riapre la Via Nuova, cioè la Padova-Bovolenta, si riorganizzano argini e ponti, si costruiscono nuovi canali. Nel periodo comunale, Piove (per il suo borgo) e Bovolenta (per la difesa militare che rappresentava) sono i centri principali attorno a cui gravita la Saccisica.
Saccisica e i Carraresi
La prosperità sociale ed economica raggiunta nel 1200 si arrestò invece nel XIV secolo con la dominazione Carrarese (1318-1405); il Piovese fu devastato dalle continue guerre, i saccheggi e gli incendi erano all’ordine del giorno, e ne fecero le spese il castello di Legnaro, nonché quelli di Bovolenta e di Piove. I prìncipi Carraresi si occupavano soltanto di guerre, tralasciando gli interessi della popolazione; inoltre, alle guerre si associarono devastanti pestilenze.
Nel ‘400, con l’avvento dei Veneziani, qualche cambiamento arriva, sebbene in modo graduale, dato che la classe dirigente veneziana era ancora troppo legata agli interessi marittimi.
Il Rinascimento della Saccisica
Il ‘500 vede invece un netto miglioramento della situazione all’interno della Saccisica, grazie ad opere di bonifica operate anche da ordini religiosi, come nel caso dei Benedettini che realizzarono la Corte di Correzzola, organizzando razionalmente il territorio con la creazione di strade, canali e fossi. Un’altra grande opera di bonifica è stata quella operata da Alvise Cornaro a Codevigo, il quale trasformò terreni malarici in fertili campagne.
L’opera di bonifica termina nel secondo decennio del ‘600, secolo di crisi economica ma caratterizzato dalla costruzione di ville. La Saccisica è ricca di ville, sia lungo corsi d’acqua che sparse nelle campagne. In questo secolo esse sono considerate unicamente come palazzi per feste o vacanze, ma già dal ‘700 il nuovo impulso verso l’agricoltura rende la villa il centro della riorganizzazione del paesaggio. Infatti, oltre alla villa, attraversando la Saccisica, è facile imbattersi in edifici quali case rurali, casoni, barchesse, che assieme ai fiumi, agli argini, rappresentano la definizione del territorio codificata in epoca veneziana e sino ad oggi mantenuta.
Fino al 1866 il Veneto, e quindi la Saccisica, furono governati dagli austriaci, i quali posero molta importanza alla ristrutturazione e alla costruzione della rete stradale.
Durante il Regno d’Italia invece si realizzarono linee ferroviarie che collegavano Padova con Piove e Piove con i comuni vicini. Le macchine a vapore aiutarono poi i nuovi lavori di bonifica con il conseguente sviluppo dell’agricoltura, occupazione primaria sino alla metà del ‘900 che oggi però si vede soppiantata dalla sempre maggior crescita dell’industrializzazione all’interno della Saccisica.
Dove si trova la Saccisica?
Il territorio della Saccisica si trova in Veneto e si estende a sud-est della provincia di Padova e a sud ovest della provincia di Venezia su una superficie di circa 250 Kmq. I comuni che la compongono sono esattamente 10: Piove di Sacco, la “capitale storica” del territorio Saccense, Arzergrande, Bovolenta, Brugine, Codevigo, Correzzola, Legnaro, Polverara, Pontelongo, Sant’Angelo di Piove di Sacco.
Si può dire quindi che la terra della Saccisica sia compresa nell’area delimitata dai corsi d’acqua Cornio e Brenta che ne segnano i confini su tre lati, il quarto lato è invece rappresentato dalla laguna a ridosso di Chioggia.
Il territorio della Saccisica, ovunque pianeggiante, è solcato da vari fiumi che spesso sono stati “protagonisti” della storia passata e recente della Saccisica. Sicuramente il Bacchiglione, il Brenta, il Fiumicello, La Paltana, La Barbegara, Il Nuovissimo, hanno aiutato l’agricoltura, attività tradizionale da secoli, contribuendo a mantenere floride e produttive le estese campagne che ancora oggi sono presenti appena fuori dai centri abitati.
Il territorio della Saccisica: tra terra ed acque
I campi dominano il paesaggio nelle zone appena fuori le città. In inverno, la foschia li rende ancora più magici e misteriosi coprendoli di colori tenui. L’architettura è caratterizzata spesso da fattorie, antiche case padronali talvolta abbandonate a favore di ben più sontuose e moderne villette.
Poche pedalate in bicicletta, per ritrovare tesori nascosti e viaggiare con la fantasia, pensare a tempi lontani, a uomini e donne tenaci, a lavoratori instancabili. …Gli stessi che ci hanno permesso di arrivare qui, su internet, utilizzando tecnologie d’avanguardia, passando tra due guerre… La Saccisica è anche qualcos’altro: accanto alle attività tradizionali, si sono sviluppate dal dopoguerra ad oggi numerose realtà imprenditoriali. Le imprese, all’inizio di natura artigianale e di piccole dimensioni, si sono velocemente evolute esprimendo uomini ed imprenditori dalle grandissime capacità professionali conosciuti in tutto il mondo.
Da dove deriva il nome Saccisica? Leggi l’origine del nome Saccisica
Cosa trovi all’interno del nostro sito sulla Saccisica?
Attraverso questo sito troverai le principali informazioni sul nostro fantastico territorio:
The Saccisica is located in Veneto and extends to the south-east of the province of Padua and south-west of the province of Venice over an area of about 250 square kilometers . The municipalities that comprise it are 10: Piove di Sacco, the “historical capital” of the territory Saccense, Arzergrande, Bovolenta, Brugine, Codevigo, Correzzola, Legnaro, Polverara, Pontelongo, Sant’Angelo di Piove di Sacco.
It can be said that the land of Saccisica is included in the area bounded by the watercourses Cornio and Brenta which mark the boundaries on three sides, the fourth side is instead represented by the lagoon near Chioggia.
The territory is almost flat and is crossed by various rivers that have often been “protagonists” of the past and recent history of Saccisica. Surely the Bacchiglione, the Brenta, the Fiumicello, La Paltana, La Barbegara, Il Nuovissimo, have helped agriculture, a traditional activity for centuries, helping to keep the extensive campaigns that are still present just outside the built-up areas flourishing and productive.
Fields dominate the landscape just outside the 10 cities. During winter, the mist makes them even more magical and mysterious by covering them with soft colors. The architecture is often characterized by farms, ancient manor houses sometimes abandoned in favor of much more sumptuous and modern villas.
Few bike rides, to find hidden treasures and travel with imagination, think of distant times, to tenacious men and women, to tireless workers. … The same ones that allowed us to get here, on the internet, using cutting-edge technology, passing between two wars … Saccisica is also something else: alongside the traditional activities, many entrepreneurial realities have developed since the post-war period. At the beginning, artisanal and small in size, companies have rapidly evolved expressing men and entrepreneurs with the great professional skills known all over the world.
Where does the name Saccisica come from? Read the origin of the name Saccisica
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